Il Fortunàle è probabilmente l’accadimento meteorologico comune più affascinante e veemente che la natura possa offrire all’uomo.
Il temporale è l’essenza dei fenomeni meteorici grazie alla sua dirompenza che si manifesta attraverso il fragore degli elementi, lo sviluppo delle nubi, le correnti convettive, le nubi accessorie e la sua parziale predicibilità che impegna ed appassiona il previsore.
Roma, la capitale probabilmente più bella ed affascinante del mondo, è anche capoluogo di una delle regioni con il clima più enigmatico (probabilmente la regione più difficile per un previsore) d’Italia, a causa di un connubio tra elementi geografici e meteorologici che spesso rendono complesso il lavoro di interpretazione.
Ergo, la previsione di un temporale all’interno di un contesto climatico del genere risulta difficile, talvolta imprevedibile con un buon margine d’anticipo; sono eclatanti i vari episodi susseguitisi negli anni, specie per quanto concerne le previsioni nevose che talvolta vengono omesse anche dai maggiori meteoman nazionali, consapevoli di camminare su un sottile filo da cui è facile perdere l’equilibrio.
La pioggia battente caduta nel tardo pomeriggio di Lunedì 15 Settembre si affianca, parzialmente, alla serie di eventi romani accomunati da questa imprevedibilità che rende tutto così magico (e frustrante) nella Capitale.
Dico parzialmente poiché in questa situazione era stato annunciato l’ingresso di un ultimo nucleo d’aria fredda dal Rodano che, già dal mattino, aveva prodotto una ciclogenesi ligure e procedeva il suo moto verso sud, con buone possibilità di temporali nel Lazio.
I fenomeni erano dunque attesi e considerata la sinottica erano effettivamente maggiori le possibilità di un temporale nel romano piuttosto che in Ciociaria, visto che le bande nuvolose procedevano il loro iter meridiano scorrendo lungo la linea costiera.
La particolarità di questo evento è l’insieme di elementi che hanno collaborato alla realizzazione ed andiamo a spiegare il perché.
In linea teorica Roma subisce l’azione di un certo tipo di disposizioni bariche come il resto del Lazio, specie se limitiamo l’area alla porzione centro-meridionale della regione, escludendo in parte il Viterbese che in una certa misura comincia a risentire dell’influsso “maremmano”.
Il Lazio tutto, comunque, è una regione che in determinate condizioni “tipo” distribuisce la fenomenologia in modo cronologico, senza voler ovviamente entrare in discorsi topo-climatici assai complessi.
L’ultimo passaggio instabile, quello di Lunedì, avrebbe interessato le aree costiere da nord a sud, distribuendo gradualmente la propria azione e difatti mentre alle 19/20 pioveva a Roma, la zona di Formia/Gaeta attendeva la sua razione pluviometrica; poche le possibilità per le aree interne a causa di una azione eolica nei bassi strati da Est unita ad un impianto barico non adatto all’ingresso del fronte marittimo.
Il fenomeno romano è stato segnato da una genesi particolare se prendiamo una serie di temporali e stiliamo una media tra i vari tipi di concepimento.
Come detto la città patisce la condotta di distinti assetti pressori e perciò come il resto della regione, tornando al discorso di sopra, sente gli effetti delle azioni da NW, delle azioni di perturbazioni mediterranee, di gocce fredde,etc.
Il discorso fenomenico temporalesco è invece un po’ diverso, seppur capace di ricalcare in parte alcune grandi leggi, e prevede tre collocazioni bariche principali (sempre facendo un discorso sui massimi sistemi e sottolineando che un lavoro topo-climatico è assai prolisso) :
-aria fredda da NW
-temporali con aria secca da est in quota e richiamo umido al suolo (tipico del romano/sabino)
-azione sud-occidentali
Il 15/09/2008 è accaduto che l’ingresso da Nord-ovest non era franco, quanto meno non per l’area romana, anche se più disposta ad accogliere un temporale di genesi marittima, in quella situazione, di una zona interna. Stava scendendo il minimo verso sud, in quel frangente antistante le coste medio/alto laziali, e mentre in quota scendeva l’aria fredda da NW l’asse di saccatura andava disponendosi verso NE, con esponenziale contributo freddo e secco da tale direzione, poi continuato con la discesa termica avvertita decisamente questa notte (oggi) .
Due correnti, quelle da NW e NE, che mal si sposano per la formazione di un cospicuo temporale romano poiché una decisa ventilazione orientale è inibitoria per la cumulogenesi romana mentre può creare le condizioni, unita per l’appunto a quella situazione, per i temporali costieri.
L’insieme di una serie di elementi ha potuto ugualmente porre le basi per una serata meteorologicamente intensa ed andiamo ad elencare quali sono:
-Roma è limitrofa al mare ed essendo i temporali di origine marittima hanno trovato una grande fonte di energia in esso, nonostante l’aria da est poteva far pensare una limitazione in tal senso
-l’aria orientale non era puramente di tipo “tramontana” bensì, pur iniziando a sfociare sulla regione, era il sintomo di una rotazione eolica impressa dal minimo che può far supporre ad una buona condizione dello shear; difatti anche qui in Ciociaria è stato riscontrato un lieve flusso da SW mentre la sinottica propendeva per il NW ed Il NE, sintomo che il gorgo barico può aver indotto una rotazione antioraria dei venti tra quota e suolo, con un incremento anemometrico d’intensità e direzione, favorendo il wind shear + e lo sviluppo verticale
-infine, probabilmente la causa principale, una sorta di “mini dry line” , sviluppatasi grazie al passaggio del fronte freddo da NW ed il richiamo freddo e secco da NE; la disposizione sinottica dell’asse depressionaria cominciava a disporsi verso oriente e l’aria è pervenuta anche in quota da tale direzione. Questo ingresso è “venuto incontro” ai temporali marittimi da NW e non ha fatto altro che sollevare l’aria caldo-umida ben presente sulla superficie marittima, già fonte di energia del fronte atlantico.
Il mare è stato fondamentale poiché la bolla fredda in quota è scesa incontrando strati man mano più caldi, grazie all’azione termica marittima, e l’evaporazione ha fornito carburante al sistema per la convezione; con l’ingresso di correnti più fresche anche al suolo si è generato un sistema di tipo freddo, con la quota che continuava a succhiare aria fresca dai bassi strati.
Inoltre, grazie alla segnalazione di un esperto di sinottica temporalesca romano, abbiamo potuto constatare che parte dell’aria fredda giunta al suolo altro non era che il ventaglio di correnti distribuito dal gust front, essendosi sviluppata anche una shelf cloud.
Infine, ultima prova a favore di una situazione da Dry line, è stata la rapida fase di ghiacciamento di molti cumulonembi qui in appennino, dove è stato possibile avvistare delle spettacolari incudini levigate proprio dalla correnti fredda e secca entrante.