Temperatura media annua dell’Antartide: -16,79 °C. È questo il dato che si ricava dall’esame delle registrazioni effettuate nel cinquantennio 1957-2006 dalle otto basi che dispongono d’un archivio meteorologico completo. C’è però da domandarsi quanto tale misura sia effettivamente rappresentativa, poiché la sterminata superficie del Plateau Orientale, che è l’area di gran lunga più vasta e più fredda del continente, non vi è quasi compresa. Ma tant’è: la vera storia della climatologia antartica nasce nel 1957 con l’Anno geofisico internazionale; da quella data, le basi permanenti che possono vantare una continuità operativa sono le seguenti:
Amundsen-Scott (Usa)
Faraday Vernadsky (Gran Bretagna – Ucraina)
Halley (Gran Bretagna)
Mawson (Australia)
Mirny (Russia)
Casey (Australia)
Dumont d’Urville (Francia)
Scott (Nuova Zelanda)
La densità è dunque pari a una base per 1.743.625 chilometri quadrati: quasi sei volte la superficie dell’Italia. Vostok II, la base russa che detiene il primato mondiale del freddo, non appare in questa lista poiché iniziò a operare nel 1958, ma con varie interruzioni nel corso dei decenni. Tuttavia, per il trentennio 1964-’93, i suoi dati sono completi: se quindi vengono computati insieme a quelli delle otto basi citate, la temperatura media annua dell’Antartide scende a un più verosimile -20,97 °C. Quest’ultimo valore non è molto lontano da quello che si ricava sulla scorta dei dati delle 27 basi che hanno operato, per periodi più o meno lunghi, nel 1957-’79 (van den Broeke 1, p. 176) e che si pone a -19,40 °C.
Detto delle difficoltà di determinare un dato significativo per l’intero continente, resta tuttavia la possibilità di analizzarne l’evoluzione climatica. Il quadro seguente offre un primo spunto di riflessione (Vostok esclusa):
1957-’66 -17,20 °C
1967-’76 -16,61 °C
1977-’86 -16,66 °C
1987-’96 -16,65 °C
1997-2006 -16,85 °C
Su base decennale, si nota una non indifferente risalita (si sta parlando d’una temperatura media annua che aggrega ben otto valori), cui fa seguito un trentennio di sostanziale stabilità e una discesa finale. Tale andamento si coglie anche nelle medie trentennali che, usualmente, sono prese a riferimento per determinare la normalità climatica:
1957-’86 -16,82 °C
1967-’96 -16,64 °C
1977-2006 -16,72 °C
Il decennio 1957-’66 comprende un gruppo di anni molto freddi, che raggiungono l’apice nel 1960 con -17,80 °C. In ben sette casi si tocca la soglia dei -17 °C, circostanza questa che si rileva solo in altri dieci casi nei quarant’anni seguenti. Nel 1971-’75 la media pluriennale sale a -16,26 °C, coincidente con una fase di riscaldamento che sembra aver interessato soprattutto l’Antartide orientale (van den Broeke 2, pp. 186-187). Nel 1996 si registra l’episodio più caldo, con -15,77 °C. A partire dall’anno successivo però, la media scende bruscamente, con un triennio che torna sotto ai -17,0 °C (1997-’99). Questa variabilità è ben rappresentata dalla deviazione standard, che si pone a 0,52 °C ed è il prodotto fra il minimo di Dumont d’Urville (0,63 °C) e il massimo di Faraday Vernadsky (1,49 °C).
Bibliografia:
M.R. VAN DEN BROEKE, The semi-annual oscillation and Antarctic climate. Part 1: influence on near surface temperatures (1957-79), in «Antarctic Science», vol. 10, n. 2 (1998), pp. 175-183.
M.R. VAN DEN BROEKE, The semi-annual oscillation and Antarctic climate. Part 2: recent changes, in «Antarctic Science», vol. 10, n. 2 (1998), pp. 184-191.