La primavera meteorologica, appena iniziata nel Nord Emisfero, determina la graduale scomparsa delle ultime tracce della passata stagione.
La circolazione atmosferica in quota rallenta gradualmente mentre le grandi onde planetarie tendono a diventare sempre più corte e numerose. Predomina dal tardo inverno, nella medio-alta troposfera, una circolazione emisferica a 2-3 grandi onde di Rossby” quasi stazionarie. Col passare dei giorni tenderà sempre di più a manifestarsi una circolazione primaverile prevalentemente a quattro grandi onde planetarie risonanti.
La profonda e vivace metamorfosi in atto nella circolazione atmosferica del nostro emisfero è prodotta, principalmente, da due fattori: la “lotta” tra la vecchia circolazione invernale e la nuova primaverile, il conflitto tra “forcing” orografici e termici.
Per grandi linee generali potremmo considerare questa trasformazione come un’immagine speculare dell’autunno. Questo è vero solo in parte; infatti, la circolazione atmosferica del nostro emisfero ha incominciato a percorrere a ritroso i processi che hanno condotto alla graduale affermazione della circolazione di tipo invernale, ma la superficie dell’Emisfero Nord ha ora delle caratteristiche ben diverse da quelle autunnali.
Innanzitutto bisogna considerare che durante l’autunno le terre emerse, soprattutto alle alte latitudini, subiscono un rapido raffreddamento, mentre gli oceani conservano a lungo il calore assorbito durante l’estate. L’effetto di “volano termico” delle acque oceaniche dà luogo ad un gradiente di temperatura tra terre emerse e superfici oceaniche d’opposta polarità durante la primavera. Inoltre, il riscaldamento primaverile delle terre emerse non si realizza dove queste sono coperte dalla neve.
Soprattutto nella prima metà della primavera, l’elevata albedo del pack artico e delle superfici continentali coperte dalla neve, ostacolano il riscaldamento dell’aria su una vasta porzione del nostro emisfero, alimentando così quelle improvvise colate artiche che fanno a volte ripiombare in pieno inverno anche paesi in rapido riscaldamento, come quelli che si affacciano sul Mediterraneo.
La diversa distribuzione delle temperature superficiali nelle due stagioni intermedie determina marcate differenze nel modo in cui i “forcing” termici agiscono sulla circolazione delle medie e alte latitudini. Questi “forcing”, a loro volta, interferiscono con altre forzature, alcune fisse, come quelle prodotte dai rilievi, altre mutevoli, come quelle derivanti dalle dinamiche stratosferiche, da quelle tropicali e da fenomeni di risonanza tra “onde di Rossby”.
Nel Nord America, d’inverno e nella seconda metà dell’autunno, il “forcing” termico prodotto dalle gelide terre emerse e quello orografico, causato dalle Rocky Mountain, non sono in fase. Durante quel periodo dell’anno, si realizza una specie di compromesso tra le due forzature, con la creazione, nella media e alta troposfera, di un promontorio anticiclonico oscillante tra il versante occidentale delle Montagne Rocciose e il Pacifico orientale. A valle di quest’onda planetaria anticiclonica si manifesta una vasta “conca fredda”, posizionata prevalentemente sul settore più orientale dell’America settentrionale.
Il “forcing” generato dal forte raffreddamento dell’Eurasia, invece, avviene su un’area troppo grande, generalmente più vasta dell’ampiezza delle onde planetarie emisferiche. Di conseguenza, il vortice freddo che potenzialmente dovrebbe insistere in quell’area tende ad essere spezzato, generalmente in due tronconi. Provvidenziale, nella realizzazione di questa frattura, è la posizione del Tibet che, insieme agli altri grandi complessi montuosi dell’Asia centrale, sostiene lo sviluppo di un’onda anticiclonica.
Anche i “forcing” di matrice tropicale agiscono in modo diverso nelle due stagioni intermedie. L’attività tropicale e gli anticicloni sub-tropicali, nell’Emisfero Nord, sono più intensi nella stagione autunnale perché gli oceani tropicali sono più freddi durante la primavera e più caldi in autunno. Non a caso le tempeste tropicali sono più forti e frequenti in autunno.
In questo contesto s’inserisce un elemento destabilizzante: la variabilità termica delle superfici oceaniche, in modo particolare le anomalie termiche dell’Oceano Pacifico.
Col passare dei mesi le anomalie superficiali degli oceani mutano, introducendo così nella circolazione emisferica dei “forcing variabili” che rendono ancora più mutevole… e difficile da prevedere, l’evoluzione del tempo meteorologico sul lungo termine.
Dal raffronto tra le anomalie termiche oceaniche di fine autunno e le attuali, emerge l’attenuazione, nell’Oceano Pacifico, di quelle positive alle medie e basse latitudini, in modo particolare a nord-est delle Hawaii e lo sviluppo di un’ampia anomalia di segno opposto a nord-ovest delle Hawaii.
Ciò favorisce la creazione di saccature in quota in pieno oceano e rafforza l’onda planetaria anticiclonica agganciata al “forcing” indotto delle Montagne Rocciose. Così questo promontorio anticiclonico tende ad avvicinarsi al “blocking” atlantico, favorendo lo sviluppo dell’onda anticiclonica asiatica, nell’ambito di una “wave3 pattern” in fase di graduale consolidamento.
Negli ultimi 5-6 giorni, le correnti a getto d’alta quota in uscita dal Nord America hanno subito un ulteriore “splitting” (scissione) in Atlantico, con rallentamento soprattutto alle alte latitudini, in risposta all’espandersi verso l’Artico del “blocking” che insiste sul settore più settentrionale dell’Oceano Atlantico.
Il ramo meridionale del “jet stream” polare, accoppiandosi con la corrente a getto sub-tropicale, ha tagliato alla base il persistente anticiclone dinamico, portando correnti temperato-umide ed elevata vorticità positiva fin sul Nord Africa e sul basso Mediterraneo.
L’impatto delle perturbazioni trasportate da questi “westerlies” anormalmente meridionali con i rilievi esposti alle correnti occidentali è stato molto vistoso su Marocco e Penisola Iberica meridionale. La persistenza del flusso perturbato e l’effetto “stau” hanno determinato accumuli di pioggia veramente notevoli, soprattutto su Gibilterra e Marocco nord-occidentale. Più a valle si sono verificati fenomeni di confluenza con le correnti artiche penetrate sul Mediterraneo centrale, con precipitazioni nevose anche abbondanti su diverse località centro-settentrionali italiane e forti piogge al Sud, in modo particolare in Campania.
Il “blocking” Nord-Atlantico, rimasto isolato a latitudini molto settentrionali e non più alimentato, ha poi preso ad indebolirsi e ad arretrare temporaneamente.
Il graduale spostamento verso levante dell’oscillazione intrastagionale tropicale (MJO), ora in pieno Atlantico, dovrebbe incoraggiare, lo spostamento verso levante dei “forcing” tropicali, favorendo, con la complicità delle attuali dinamiche stratosferiche, lo spostamento verso l’Europa occidentale del promontorio anticiclonico atlantico. Le nuove colate artiche che si svilupperanno a valle di questo “ridge” anticiclonico, investiranno prevalentemente il settore orientale dell’Europa e del Mediterraneo, con temporanei colpi di coda sul settore centrale euro-mediterraneo.
Nel lungo termine, nella circolazione della media e alta troposfera, si assisterà, probabilmente, ad un’accentuazione dei “forcing” generati dalle dinamiche stratosferiche.
Nuovi “stratwarming” su Nord Europa e Siberia, in successiva traslazione sul Mar Glaciale Artico, dovrebbero favorire lo sviluppo di un gigantesco anticiclone stratosferico centrato sul settore siberiano dell’Artico. Il vortice polare stratosferico verrà così dislocato sul lato opposto del Nord Emisfero, con minimo collocato tra Nord Atlantico e Canada orientale.
Tutto ciò dovrebbe favorire, nella troposfera, la scomparsa del “blocking” atlantico e quindi un’ulteriore attenuazione delle irruzioni di aria fredda sul continente europeo.
Sempre nel lungo termine, “forcing” di matrice tropicale dovrebbero incoraggiare lo sviluppo di alte pressioni sub-tropicali sull’Europa sud-occidentale.