Nei modelli LAM distinguiamo tra modelli idrostatici e non idrostatici (questi ultimi sono l’avanguardia della modellistica meteorologica). Se ci si mantiene a risoluzioni fino a circa 6 km, si può approssimare l’equazione verticale, con l’equazione idrostatica:
dp = -pgdz
che lega variazioni di quota a variazioni di pressione. Come si vede non entra in gioco la velocità verticale, che quindi non è una variabile prognostica del modello (non viene prevista), ma è diagnostica (la si ricava per es. dalla divergenza del vento orizzontale).
Se si va a risoluzioni più spinte, allora l’approssimazione idrostatica non è più valida e quindi anche la velocità verticale necessita di una sua equazione prognostica e diventa un’incognita del sistema. Inoltre, senza approssimazione idrostatica, il sistema matematico descrive anche la propagazione delle onde sonore e questo causa un maggior carico computazionale.
Quindi quando si ha a che fare con modelli a risoluzione di 2km, questi sono certamente modelli non idrostatici.
In termini di previsione di precipitazione, c’è una profonda differenza tra modelli idrostatici e non idrostatici: mentre i primi contengono una descrizione parametrizzata e quindi approssimativa, dei fenomeni convettivi (temporali, sistemi convettivi, squall lines), i secondi sono in grado di risolverli esplicitamente, attraverso le equazioni. Di conseguenza i modelli non idrostatici sono in grado di descrivere i sistemi di precipitazione con maggiore precisione e possono potenzialmente fornire previsioni molto più precise.
Per fare alcuni esempi/nomi tra i LAM idrostatici troviamo il BOLAM (modello interamente sviluppato in Italia), il DALAM (pure questo italiano), il LAMBO (ARPA ER, ora quasi in disuso), ETA model (jugoslavo);
tra i LAM non idrostatici abbiamo MM5 (americano, in uso in Abruzzo e su cui il MeteoGiornale sta iniziando una fase di test), il RAMS (americano, operativo in Toscana), il Lokal Modell (LM, tedesco, utilizzato anche in Piemonte e presso ARPA ER, dove si chiama LAMI o al servizio svizzero dove si chiama AlMo).
Ci sono poi modelli non idrostatici che sono in fase di sviluppo e messa a punto o che vengono usati solo per scopi di ricerca, come il MesoNH a MeteoFrance e il MOLOCH. Quest’ultimo, sviluppato dagli stessi ideatori di BOLAM, si spera potrà presto essere disponibile per previsioni operative.
Vorrei concludere ricordando che la previsione della precipitazione è estremamente difficile. La precipitazione dipende da tanti fattori che vanno dalla dinamica alla microfisica, di cui il modello deve tenere conto. Inoltre la precipitazione è di per sè un campo caratterizzato da una notevole impredicibilità intrinseca, che coinvolge scale spazio-temporali molto piccole. Quindi guardando le uscite del modello, non si può pretendere di vedere a che ora inizierà a piovere sul proprio giardino. Bisogna saper sempre interpretare quello che il modello mostra.
La prima parte dell’articolo sui LAM si trova al seguente indirizzo:
https://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=10155