E’ quel che si apprende da un nuovo studio pubblicato sulla rivista Geology. Il team di ricercatori, guidati da Kenneth G. Miller, professore di Scienze della Terra presso la Scuola di Arti e delle Scienze della Rutgers University, sono giunti a tal conclusione studiando le rocce e la superficie dei suoli in Virginia, presso l’atollo Eniwetok nel Pacifico e in Nuova Zelanda. Hanno considerato, come periodo di riferimento, la fine Pliocene tra 2,7 milioni a 3,2 milioni di anni fa, ovvero l’ultima volta che il livello di biossido di carbonio nell’atmosfera raggiunse valori come gli attuali e le temperature atmosferiche erano 2 gradi C più alte di quanto non siano ora.
“Una simulazione che ci consente di affermare che verrebbe riversata negli Oceani un volume d’acqua pari a quello che si otterrebbe qualora si sciogliesse tutta la Groenlandia e la parte occidentale della banchisa Antartica, o ancora alcune zone del margine orientale della banchisa Antartica”, ha detto H. Richard Lane, direttore del programma della National Science Foundation Divisione di Scienze della Terra, che ha finanziato l’opera. “Un aumento di tal portata andrebbe a sommergere le coste del Pianeta incidendo su un quasi 70 per cento della popolazione mondiale”.
“Al momento non è ancora necessario vendere la casa al mare, perché l’innalzamento avverrà in un arco di tempo compreso tra alcuni secoli a poche migliaia di anni”, sostiene Miller. “Il riscaldamento globale in atto porterà, alla fine del 21° secolo, il livello del mare a crescere di un valore da 2 a 3 piedi (da 0,8 a 1 metro) a causa del riscaldamento degli oceani, della parziale fusione dei ghiacciai montani e dalla parziale fusione del ghiaccio in Groenlandia e in Antartide”.
Miller sottolinea come la ricerca metta in evidenza la sensibilità dei fogli di ghiaccio della Terra alle grandi variazioni di temperatura, suggerendo che anche un modesto aumento termico comporta un grande innalzamento del livello del mare.