La situazione dei ghiacci marini è attualmente, in fase contraddittoria.
Tutti possiamo osservare come i ghiacci marini antartici siano in netta fase di espansione, con un trend di crescita ultradecennale, mentre i ghiacci artici, pur in un disperato tentativo di “recupero” negli ultimi mesi, presentano un trend di decisa decrescita.
Questo pone molti interrogativi sulla effettiva “globalità” del Global Warming.
Un “team” di scienziati Neozelandesi, e della Columbia University di New York, ha recentemente tentato di scoprire, con la massima precisione possibile, le date di avanzata e di recessione del complesso glaciale del Monte Cook, 3753 metri, la montagna più alta della Nuova Zelanda.
Ciò è stato possibile grazie alle nuove tecniche elaborate da un gruppo di scienziati della Columbia University di New York, che misura la quantità dell’isotopo Berillio – 10 presente sulla superficie delle rocce glaciali bombardate dai raggi cosmici, e che è, naturalmente, più basso nelle rocce che sono rimaste a lungo coperte dai ghiacci.
E’ una tecnologia che potrebbe essere esportata in tutto il mondo per datare con elevata precisione i depositi ai piedi dei grandi ghiacciai montani.
Da questa ricerca emergono risultati contraddittori.
Anzitutto, i ghiacciai neozelandesi sembrano aver raggiunto la loro massima espansione 6500 anni fa, quando i ghiacciai alpini erano decisamente ridotti, mentre nel momento della “Piccola Età Glaciale” tra il 1550 ed il 1850, quando al contrario i complessi glaciali delle Alpi erano alla loro massima espansione, in Nuova Zelanda erano più piccoli.
Un risultato decisamente sorprendente; anche osservando i cambiamenti glaciali degli ultimi 12 mila anni, notiamo che, a volte, le avanzate glaciali sono contemporanee tra le Alpi e la Nuova Zelanda, altre volte invece periodi europei di grande caldo hanno coinciso con ghiacciai neozelandesi in espansione.
Le cause di questi andamenti contraddittori sono forse legati al comportamento degli Oceani meridionali, i grandi regolatori del clima dell’Emisfero Sud (dove sono in grande maggioranza rispetto alle Terre emerse); probabilmente anche i cicli di lungo periodo della Southern Oscillation hanno la loro pesante influenza sui ghiacciai neozelandesi.
Ma gli studi sono ben lungi dal terminare.
L’articolo può essere visionato sul The New Zeland Herald (www.nzherald.co.nz).