E’ curioso che “il posto più bagnato della Terra” (oltre 10000 mm/anno, media di 11976 mm/anno nel decennio 1993-2002), abbia problemi di carenza d’acqua ogni inverno, quando non cade alcuna pioggia a volte per mesi e mesi. Ma questo si spiega con il tipo di fenomeno meteorologico che porta tanta pioggia in questa parte del mondo, che è conosciuto come “monsone”. I monsoni sono venti stagionali che soffiano, nel subcontinente indiano, per circa 6 mesi da una direzione, provenendo dall’Oceano Indiano, portando piogge torrenziali, e per gli altri 6 mesi dalla direzione opposta, ovvero dal “cuore” del continente asiatico, portando aria continentale già asciutta in origine, ulteriormente deumidificata in quanto costretta a scavalcare la catena himalayana, con conseguente lunga stagione secca.
Durante la stagione delle piogge l’aria molto umida, che nella regione di Cherrapunji, il Meghalaya, appena a nord del confine con il Bangla Desh, proviene in genere da sud o sudovest, si raffredda quando è costretta a risalire le pendici dei rilievi, condensando e lasciando cadare quindi piogge particolarmente abbondanti sui versanti sopravvento dei rilievi. E’appunto questo il caso dei Monti Khasi, che sbarrano da ovest a est la strada alle correnti umide provenienti dal Golfo del Bengala, esaltando le precipitazioni, peraltro già copiose nella sottostante pianura del Bengala (la quale, allagandosi sovente, almeno parzialmente, diventa essa stessa una fonte ulteriore di umidità per le masse d’aria che vi transitano).
A causa della scarsa copertura boschiva (l’antica copertura forestale, principalmente a conifere, è andata in gran parte distrutta ad opera dell’uomo) il terreno, durante la stagione umida, assorbe poco l’acqua che cade così abbondantemente e intensamente, soprattutto in estate. E così Cherrapunji, che si trova a quota 1290 metri, alla testata di una valle aperta a sud, che raccoglie una enorme quantità di pioggia nella stagione umida, ha un sistema di raccolta e distribuzione delle acque insufficiente a garantire la quantità adeguata di acqua pulita, potabile, durante la stagione secca. La gente che vive nella cittadina spesso è costretta, in questo periodo (che coincide con l’inverno), a percorrere molti chilometri a piedi per attingere acqua potabile.
Nella stagione invernale il vento prevalente in Meghalaya, come in tutto il subcontinente indiano, proviene da NE. Il raffreddamento intenso delle immense zone interne dell’Asia, il più vasto dei continenti, origina la formazione di una vasta area di alta pressione di natura termica, che causa appunto il monsone di NE, che si spinge verso sud-sudovest come vento freddo e secco. Nel caso specifico del subcontinente indiano il vento da NE arriva dopo aver scavalcato le altissime catene montuose dell’Himalaya e, più a ovest, del Karakorum. L’aria che scende sul versante meridionale delle grandi montagne è quindi estremamente asciutta, avendo “lasciato” la sua già poca umidità sul versante cinese-tibetano, ma è molto meno fredda che in origine, riscaldandosi per effetto foehn nella lunga discesa verso le pianure del Gange, dell’Indo e dei loro affluenti.
La situazione invernale di Cherrapunji è quindi favorevole a giornate piacevolmente soleggiate e asciutte, con temperature massime abbastanza elevate, mentre durante la notte la bassa umidità, e la conseguente trasparenza dell’aria, favorisce un forte raffreddamento notturno. Già dicembre è secco e con le notti fresche. In gennaio, il mese più freddo, le minime sono, in media, poco superiori ai 6°C, mentre le massime superano i 15°C.
Febbraio e marzo non vedono variazioni significative, salvo ovviamente che nell’incremento termico, che prosegue ancora all’inizio di aprile, con tempo sempre in prevalenza soleggiato e secco.
Tra i primi e la metà di aprile qualcosa comincia a cambiare. Il monsone di NE perde forza, con la fine della stagione fredda nel “cuore” del continente, quindi cominciano a farsi sentire i primi “sbuffi” di aria umida oceanica. Si ha in pratica un breve periodo intermonsonico, in cui manca un vento prevalente, quindi a lunghe fasi soleggiate, con temperature sempre più elevate e condizioni anche più afose, mancando il “respiro” asciutto del monsone invernale, si alternano brevi episodi di maltempo. Accade infatti che, all’apice in particolare dei pomeriggi più caldi in cui le “termiche” si sollevano dal suolo surriscaldato, basti un “refolo” di aria marittima umida e relativamente fresca a innescare fenomeni intensi. L’aria surriscaldata viene spinta violentemente verso l’alto, il cielo si oscura, si leva un vento improvviso (che solleva anche un gran polverone dal suolo asciutto), quindi il tuono annuncia dapprima la caduta dei primi goccioloni caldi che evaporano a contatto con il terreno (e talvolta anche prima di raggiungerlo), quindi un breve ma intenso rovescio. E’ il Khali Andhi, la tempesta nera.
In questa fase della stagione l’atmosfera ritrova ancora facilmente il suo equilibrio (il temporale raffredda il suolo, facendo venir meno la “benzina” per alimentarlo), quindi i temporali sono sporadici e brevi, aumentando in frequenza e intensità man mano che la terraferma si scalda più delle acque dell’Oceano.
Procedendo oltre, con l’arrivo del mese di maggio e il continuo crescere dei valori termici non solo in India, ma anche nelle zone più interne del continente, si forma sull’Asia una vasta bassa pressione di natura termica, che fa si che quelli che a metà aprile siano solo episodici sbuffi di aria umida oceanica, diventino un vento prevalente, il monsone di sudovest, che trasporta masse d’aria umida verso il continente. Le piogge si fanno sempre più frequenti e intense, i fiumi si gonfiano e spesso tracimano, le paludi si allagano e le pause servono solo a far evaporare, al primo raggio di sole, la pioggia caduta, tornando subito a riscaldare il terreno, ripristinando le condizioni favorevoli a nuovi rovesci e temporali. La nuvolosità intensa, i rovesci, la elevata umidità che rallenta il raffreddamento notturno anche nelle notti con meno nuvole, fanno si che l’escursione giornaliera sia molto ridotta, toccando il minimo in luglio, con le minime, a Cherrapunji, poco sotto i 19°C di media e le massime intorno ai 23°C.
Tutto questo dura fino a tutto settembre e talvolta ai primi giorni di ottobre, poi il secondo periodo intermonsonico (fino all’incirca a metà novembre) vede i rovesci diradarsi e attenuarsi nella loro violenza, mentre il monsone di NE diventa sempre più prevalente, man mano che il continente si raffredda, ricacciando verso sud l’umidità e le piogge (che infatti proseguono nell’India meridionale, soprattutto sulle zone orientali del Deccan, che si trovano sopravvento).
Ma perché, pur piovendo molto un po’ in tutta l’India in estate (resta quasi all’asciutto solo il nordovest), proprio a Cherrapunji e Mawsynram si registrano questi valori record? E’ evidente l’intervento della componente orografica. Lo sbarramento dei Monti Khasi sembra messo a bella posta per fermare l’umidità, disposto da ovest a est a dominare da vicino la pianura alluvionale dove si allarga il Delta del Gange, come detto a sua volta notevolissima fonte di umidità. Le masse d’aria estremamente umide che arrivano dall’Oceano Indiano sono costrette a sollevarsi quando incontrano questo sbarramento montuoso, il primo che trovano arrivando dal mare, raffreddandosi. Essendo molto ricche di umidità, e scorrendo su un territorio che ne fornisce ulteriormente, raggiungono rapidamente, raffreddandosi, il punto di condensazione, insomma non occorre portarle a grandi altezze per vedere la formazione di dense nubi, in grado di produrre pioggia persino in caso di modesti modi convettivi, grazie alla presenza nelle masse d’aria marittima di cristalli di sale che agiscono come nuclei di condensazione.