Arriviamo, così, ai tempi nostri, nei quali, il dominio umano su tutto ciò che ci circonda non è più una chimera, e, per la prima volta, stiamo assistendo ad un fenomeno nuovo: l’Uomo che modifica l’ambiente naturale non a piccola scala, ma a scala planetaria, come sta accadendo attualmente con l’Effetto Serra.
Problema ancora dibattuto, anche se si pone, a questo punto, una domanda di tipo sociologico: l’Effetto Serra è un problema “vero”, oppure è una risposta di tipo “umano” agli eventi incontrollabili della Natura?
Ovverosia, quando avvengono catastrofi, incidenti, od altro, è molto “comodo”, per noi, pensare di attribuire a cause umane tutto ciò che ci colpisce ed è al di fuori del nostro controllo.
Il fatto che tali avvenimenti avvengano per colpa nostra, ci dà in un certo senso la capacità di evitarli, con il nostro buon comportamento.
Qui si potrebbe parlare di un modo di pensare di tipo “religioso”, per non dire superstizioso, per il quale le sciagure che ci colpiscono sono dovute all’ira Divina nei nostri confronti per le nostre colpe, un modo di pensare che si sta diffondendo anche nel mondo scientifico, in quanto sembra quasi che ogni evento naturale debba succedere per forza per colpa dell’Uomo e del suo dissennato comportamento.
Da una parte, quindi, studi scientifici seri, che evidenziano un effetto serra in pieno sviluppo ed un aumento galoppante della temperatura media della Terra (anche se altri studi negano tutto ciò), dall’altra invece un aspetto quasi irrazionale da parte dell’opinione pubblica, ma forse anche di parte dello stesso mondo scientifico, che segue l’istintivo bisogno dell’Uomo di attribuire a sé stesso tutto ciò che accade, anche di negativo, nella convinzione che esso possa essere, così, evitato.
In altre parole, è meglio attribuire a sé stessi la colpa di un evento incontrollabile, quale una grande catastrofe naturale, che attribuirla al caso, o ad una qualsiasi “Volontà” imperscrutabile, in quanto, in tal modo, è possibile evitare che si ripeta in futuro grazie ad un nostro corretto comportamento.
Facciamo, così, in un qualche modo, rientrare in parametri razionali e controllabili un evento che invece ci genererebbe angoscia ed incertezza, sapendo che non dipende da noi e può minacciarci in qualsiasi momento.
Questa tesi “sociologica” dell’Effetto Serra o di altri comportamenti umani di fronte a fatti inaccettabili per la nostra ragione, è una tesi singolare, ma che potrebbe comprendere una parte della verità.
Tornando al film, si tratta indubbiamente di un bel film, spettacolare, e ben interpretato da due ottimi attori.
Notevole la regia, di un Roland Emmerich che ha imparato bene il suo mestiere, anche se qualche “obbrobrio” meteorologico appare comunque, come già messo in evidenza nell’ottimo articolo di Andrea Meloni.
Posso, comunque, permettermi un appunto: il buon Emmerich non ha mai letto Arthur Clarke, e la saga fantascientifica famosissima di “Odissea nello Spazio”.
Se lo avesse fatto, avrebbe notato che, nel secondo libro, gli astronauti americani e russi raggiungono la nave abbandonata, con all’interno il celebre computer assassino “Hal 9000”.
All’interno l’aria è respirabile, ma la temperatura è di ben 100°C sotto lo zero, ovverosia il valore che si suppone raggiungere nel film “The day after tomorrow”, e che tanti disastri combina ad uomini e cose.
Invece, l’astronauta russo, si limita a togliersi il casco ed a respirare quella che definisce “aria fredda paragonabile ad un inverno sovietico un po’ più freddo del solito”.
Insomma, nessun congelamento istantaneo, nessuna morte immediata, fatto normale, se si pensa che la temperatura in Antartide è scesa attorno ai -90°C senza uccidere nessuno.