Le tempeste di Nor’easter sono piuttosto frequenti e possono essere molto intense nell’inverno nordamericano, da ottobre ad aprile.
Oltre che al vento da nordest propriamente detto, il termine Nor’easter viene utilizzato con accezione più ampia, riferendosi alle profonde depressioni che si formano al largo della costa orientale degli Stati Uniti. Le depressioni spesso nel loro movimento si avvicinano alla terraferma, fino talvolta a raggiungerla sugli stati del New England, interessando anche le province atlantiche del Canada.
In città come New York e Boston, se il minimo transita a ovest delle stesse, le precipitazioni sono in genere piovose. Questi nor’easter sono detti “onshore forming” e, con il minore contributo di umidità dell’Oceano, risultano meno intensi.
Se invece il minimo depressionario si posiziona in mare, appena a est della costa, si parla di “offshore forming”. In questo caso Boston, New York e le altre città della costa ricevono in genere nevicate o, se l’aria che alimenta la depressione non è eccessivamente fredda, neve mista a pioggia. Le perturbazioni non interessano solo la fascia costiera, ma si spingono nell’entroterra, estendendo i loro effetti anche ad altre grandi aree metropolitane, come Washington e Philadelphia.
Quando il minimo transita in mare, la costa est degli States viene investita da persistenti venti forti da nordest, da cui il nome, che soffiano dall’Oceano caricandosi di umidità ed oltre alle precipitazioni portano forti mareggiate, con spesso ondate molto alte che causano fenomeni erosivi, inondazione delle aree costiere e danni strutturali. I venti nor’easter possono arrivare a raggiungere l’intensità di uragano.
Nei Nor’easter propriamente detti, quando il minimo depressionario rimane in Atlantico, esso segue il percorso della Corrente del Golfo, le cui acque tiepide favoriscono l’evaporazione, con conseguente abbondante rifornimento di umidità al sistema depressionario.
Talvolta la depressione si approfondisce a tal punto che il minimo depressionario assume la forma “a occhio” tipica dei cicloni tropicali, ma la presenza di fronti e il fatto che si tratti di figure depressionarie “a cuore freddo” ai livelli più alti della troposfera impedisce di poter classificare queste tempeste come tropicali.
Tra le tempeste di Nor’easter più devastanti ricordiamo quella dell’Halloween 1991, che distrusse oltre 1000 abitazioni dal Maine alle due Caroline. Nel febbraio 1979, tra i giorni 18 e 19, una tempesta di Nor’easter paralizzò per una giornata intera la vita della capitale Washington. La “Ash Wednesday Storm” del 1962 investì le coste degli USA nordorientali con pioggia, nevischio, neve, forti venti e inondazioni per cinque giorni, con il picco il giorno 7 marzo, mercoledì delle Ceneri. Nel marzo 1993, tra il 12 e il 14, neve, vento, tornadoes e alluvioni interessarono una vasta area, dalla Florida al Maine, con danni per oltre 1 miliardo di dollari. In questa occasione le nevicate localmente furono davvero eccezionali (109 cm a Syracuse, NY, ben 43 nella meridionale Birmingham, Alabama).
Lo stadio iniziale di un nor’easter è in genere la formazione di una bassa pressione sulle calde acque della Corrente del Golfo a est della Florida. Spesso questo processo è innescato dalla presenza di un’area di vorticità associata a una perturbazione in quota, la quale a sua volta è in genere una risposta a una intensa avvezione artica sulle pianure centrali degli States. La bassa pressione così formatasi si muove successivamente verso nordest, parallelamente alla costa orientale degli USA, continuando a “pescare” aria calda e umida nell’Atlantico.
In alcuni dei più intensi nor’easters, gli effetti vengono esaltati per la persistenza dei fenomeni, dovuta al movimento molto lento della depressione, frenata nel suo moto dalla presenza di un anticiclone sul Canada sudorientale. Questa configurazione, con l’accentuazione del gradiente barico, favorisce anche il progressivo rinforzo del vento e il “pompaggio” di aria fredda artica dal Canada, con conseguente mantenimento di condizioni favorevoli a nevicate anche al livello del mare.
Gli stati del New England e la canadese Nuova Scozia sono quelli che con maggiore frequenza vengono investiti dalle tempeste di Nor’easter, che qui in genere si manifestano con intense e prolungate bufere di neve. Più a sud, le coste atlantiche dalla Virginia alla Georgia sono più spesso investite, negli episodi di Nor’easter, da forti e persistenti piogge, ma in queste aree i danni maggiori spesso vengono dal forte vento e dall’erosione causata dalle forti mareggiate. Gli abitanti di queste aree subiscono più danni dai nor’easters che non dagli uragani, per la frequenza molto maggiore dei primi e per la maggiore durata di queste tempeste.