Meteo sempre uguale, calma piatta, assenza di ventilazione, mancanza totale di precipitazioni: sono queste le condizioni ideali per il ristagno di inquinanti nella Pianura Padana.
Fino adesso l’inverno è stato molto dinamico, con tanti episodi di favonio, qualche precipitazione (anche se piuttosto deficitaria), ventilazione sostenuta e mancanza di alte pressioni ben strutturate e durature: non a caso, fino ad adesso non si è parlato di inquinamento ad alti livelli e non sono state prese precauzioni particolari dai comuni.
Nella settimana entrante, però, sicuramente si fonderanno i limiti di legge (attestati a 50 mc/m3, si legge 50 microgrammi su metro cubo, ovvero 50 milionesimi di grammo di sostanza per ogni metro cubo di aria): può sembrare un valore minuscolo, ma in realtà queste sono micro e nanoparticelle che entrano nei nostri polmoni e non vengono filtrate dalle ciglia bronchiali, quindi arrivano dritte negli alveoli polmonari e li ristagnano, oppure vanno a finire nella circolazione sanguigna.
Questo è un problema perché sono particelle talmente piccole che non vengono filtrate da marmitte catalitiche, filtro dell’aria o zanzariere, quindi sfuggono al controllo e all’azione dei filtri.
Questo è il principale problema del cosiddetto inquinamento puntuale, cioè quello dove la sorgente è vicinissima a chi respira e cala con la distanza, a differenza della CO2 che è areale, cioè si diffonde in tutto il globo ed è un climalterante.
L’inquinamento da solfati e azotati (SOx e NOx) è tipico nei grandi centri urbani e delle pianure con scarsa ventilazione: basta infatti andare in montagna per avere aria molto pura; viceversa, se si analizza la CO2 la concentrazione è la stessa sia in montagna sia in città, proprio perché è un inquinamento globale e non locale.