Quest’anno marzo è trascorso tutto insolitamente mite, ma gli episodi invernali tardivi sono tipici di questo periodi e talvolta possono essere così intensi da innescare anche alcune storiche ondate di gelo e neve, che abbiamo già avuto modo di raccontarvi (vedi il memorabile marzo 1971 ed il marzo 1987). Un evento rilevante, sebbene non storico, si ebbe nel 2007, quando un’intensa saccatura aveva pilotato un nucleo gelido d’estrazione groenlandese sul cuore del Mediterraneo tra il 20 ed il 21 marzo, portando una scorpacciata di maltempo invernale, la più intensa di tutta la stagione fredda. Queste vigorose ondate artiche, che giungono nel bel mezzo della primavera, mostrano maggiori sussulti instabili per via del contributo legato alla termoconvezione, con il soleggiamento che incide maggiormente a differenza di quanto accade in inverno. Le termiche molto rigide alla quota di 500 hPa (fino a -35 gradi) crearono tutte le condizioni per il rovesciamento improvviso d’aria dalle quote più alte verso il suolo.
In quell’inizio di primavera del 2007 l’impronta artica lasciò davvero il segno e fu determinante proprio il rovesciamento d’aria gelida verso il basso che si realizza in corrispondenza dei rovesci, tanto che nei fenomeni più intensi la quota neve, compreso il limite degli accumuli al suolo, può spingersi davvero verso quote decisamente più basse rispetto all’altitudine dello zero termico. Ciò accadde anche in quell’inizio di primavera del 2007 su molte zone della Penisola, con fioccate cospicue che si spinsero anche in alcune località di pianura dell’Emilia e della Romagna. Neve a quote basse collinari cadde localmente abbondante anche sull’Appennino Toscano e sulla Sardegna. Tali quote neve così basse non si spiegherebbero da sole con le termiche presenti a 850 hPa, non così eclatanti, ma proprio in riferimento alle potenzialità e al contrasto dell’aria prettamente gelida presente alle quote superiori dell’atmosfera.