Nulla di eccezionale su scala geologica, ma è rimarchevole nella storia dell’ultimo secolo: da alcuni giorni il Sole si presenta quasi spotless (il 10 aprile, sunspot number ufficioso 8). Come già spiegato ad agosto (www.meteogiornale.it/notizia/21161-1-sole-si-chiude-il-modern-grand-maximum), giorni senza macchie (o quasi, come nel caso attuale), pur non essendo frequenti a questo punto del ciclo, possono comunque accadere. Ciò non toglie che il ciclo 24 si stia delineando come il più debole dal ciclo 16 (1923-’33: massimo 78,1): le previsioni più autorevoli indicano il raggiungimento del massimo tra la primavera e l’estate 2013, attorno a un valore di 85 (ma le ipotesi mediane si fermano a 60 circa).
Dando dunque uno sguardo al passato, come sta evolvendo l’attività solare? Le proiezione dello Smoothed sunspot number, ovvero della doppia media mobile su cui viene calcolata l’intensità delle macchie, fa postulare che la curva del ciclo 24 possa avere similitudini col ciclo 5, il primo del Minimo di Dalton (1798-1810): un’ascesa pronunciata che poi flette in una sorta di plateau, entro cui si manifesterà il massimo. Sarebbe la conferma dell’avvio del ciclo di Gleissberg, un periodo di quiescenza di cui si è scritto oltre tre anni fa (www.meteogiornale.it/notizia/14022-1-riscaldamento-globale-unipotesi-diversa-parte-i-il-minimo-di-gleissberg) e i cui effetti più significativi dovrebbero manifestarsi dal ciclo 25 in avanti (inizio presunto: 2019-’20). Sia chiaro, si sta parlando d’una teoria, anche se supportata da elementi di analisi piuttosto solidi. «Il cambiamento di ampiezza a lungo termine (tendenza) nel ciclo di Schwabe è noto come ciclo secolare di Gleissberg. Tuttavia, il ciclo di Gleissberg non è un ciclo periodico in senso stretto, ma piuttosto una modulazione della chiusura del ciclo con una scala temporale variabile di 60-120 anni. Questo ciclo secolare, con un’analisi spettrale dei dati del radiocarbonio come proxy per l’attività solare, è stato anche segnalato sussistere per un ampio arco temporale, ma la questione della sua fase di chiusura e la persistenza / intermittenza rimangono in sospeso. […] L’attività solare, in tutte le sue manifestazioni, è dominata dal ciclo undecennale di Schwabe, che difatti ha una lunghezza variabile di 9-14 anni per singolo ciclo. L’ampiezza del ciclo di Schwabe varia notevolmente – dal Minimo di Maunder pressoché spotless al ciclo 19 molto intenso – forse in relazione al ciclo di Gleissberg o ciclo secolare. […] L’attività solare implica essenziali componenti caotiche / stocastiche, che portano a variazioni irregolari, e fare previsioni dell’attività solare per un lasso di tempo superiore a un ciclo solare è impossibile» [Usoskin, pp. 14 e 18-19].
Con le cautele del caso, questi elementi riguardanti l’entità e la qualità dell’energia solare che raggiunge la Terra avrebbero implicazioni nella storia climatica. Se si sta entrando in un prolungato periodo di debolezza, come i dati di questi mesi lasciano intravedere, è da attendersi un moderato riflesso sulle temperature globali, negli ultimi decenni cresciute proprio a causa di un’attività solare oltre gli standard. Si tratta di teorie, è bene ribadirlo, ma le possibilità di verifica che si prospettano negli anni a venire rendono affascinante seguire passo a passo quanto sta accadendo sul Sole.
Nota bibliografica:
I.G. Usoskin, A History of Solar Activity over Millennia, «Living Reviews in Solar Physics», a. 5, n. 3 (2008).