Appena ieri abbiamo detto come forse ci si debba abituare ad un nuovo concetto di normalità, derivante da condizioni meteorologiche sempre più spesso legate ai capricci delle varie ondulazioni delle correnti d’aria presenti alle alte quote dell’atmosfera.
Ed è proprio questo nuovo concetto che magari ci porta ad utilizzare termini allarmistici in modo inappropriato. Certo, eravamo abituati a ben altro tipo di stagioni estive, con la mite influenza mitigatrice del vicino Oceano Atlantico. E forse ciò aiuta a comprendere maggiormente come il solo Mar Mediterraneo non sia in grado di svolgere un’azione tale da scongiurare possibili modificazioni orientate ad una continentalità accentuata. Se non solo sulle coste ed in prossimità delle stesse.
Ecco allora che in questa settimana ci ritroviamo a commentare una situazione atmosferica che nei prossimi giorni riaprirà il dibattito o meglio, i paragoni con la tanto odiata estate del 2003 o con quella più amata (dai meteofili più accaniti) del 2002. E chissà se alla fine risarciremo a capire che entrambe furono ben diverse da quella attuale.
Certamente avremo condizioni votate maggiormente al fresco e all’instabilità, prima sulle regioni di Ponente, successivamente sulle Adriatiche. E sempre a causa di correnti provenienti da latitudini settentrionali. Si, perché le note dello spartito saranno sempre le stesse. La musica degli scambi meridiani.
Tutto ciò dovrebbe finalmente insegnare (si spera, ma in Italia l’informazione meteo meriterebbe ben altro spazio) ad attendere prima di trarre conclusioni affrettate. Lo abbiamo detto già dai primi giorni di giugno. Non si possono fare paragoni fin tanto che non si avranno tutti gli elementi necessari per affrontare un confronto stagionale “scientifico”. E sarà possibile solamente al 21 settembre, quando si sarà consumata l’estate conosciuta ai più, quella astronomica.