In questi giorni siamo spettatori di enormi blocchi di ghiaccio che si distaccano dall’Antartide accompagnati da grande profusione di grafici che tingono il continente di rosso, sulla rete ma soprattutto sui media. Insomma, è una battaglia persa? Siamo ormai all’epilogo anche per l’Antartide? Qualcosa non torna…
Il 25 marzo 2008, il ricercatore Marco Tedesco, professore presso il dipartimento di scienze della Terra e dell’atmosfera del “City College” di New York e presso il Goddard Institute della NASA, ha ottenuto dall’American Geophysical Union la pubblicazione di un suo studio intitolato “Updated 2008 Surface Snowmelt Trends in Antarctica” (in italiano “Aggiornamento al 2008 dell’andamento della fusione superficiale in Antartide”). Stranamente questo studio, definito https://climatesci.org/2008/04/07/recent-data-on-surface-snowmelt-in-antarctica/ molto interessante dagli addetti ai lavori, è rimasto completamente sconosciuto al grande pubblico.
Prima di addentrarci nel merito di questa ricerca, ricapitoliamo brevemente la situazione antartica (alcuni dati ci sono in effetti già familiari, in quanto riportati incessantemente dai nostri media):
1. Innanzitutto il trend 1982-2004
https://earthobservatory.nasa.gov/Newsroom/NewImages/images.php3?img_id=17257,
da cui la NASA evince la tendenza al riscaldamento per la Penisola Antartica ed un progressivo raffreddamento per il resto del continente, in un range di -0,2 / +0,2 °C;
2. La seconda versione del grafico precedente, riporta il trend
1981-2007
ed un range di -0,1 / +0,1°C. In questo grafico, però, cambiano la scala e il periodo di riferimento, rendendo difficile il confronto con i dati precedenti;
3. Andamento
https://arctic.atmos.uiuc.edu/cryosphere/IMAGES/current.anom.south.jpg
dell’anomalia dei ghiacci oceanici nell’emisfero sud il cui trend, già leggermente positivo, ha subìto una rapida ascesa negli ultimi anni;
4. Infine la cronaca fotografica della disintegrazione
https://earthobservatory.nasa.gov/Newsroom/NewImages/images.php3?img_id=17977
della piattaforma di Wilkins, occorsa nel marzo scorso.
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Guido Guidi per www.climatemonitor.it