Domenica 11 Novembre si festeggia San Martino.
La tradizione vuole che San Martino, uomo pacifico, fu obbligato, secondo lex, ad entrare nell’esercito romano; un giorno d’autunno, passeggiando al di fuori della cinta muraria di Amiens, dove egli viveva, incontrò un povero vecchio bagnato ed infreddolito.
Il cuore, nobile, del soldato s’impietosì e presto si tolse la veste. La dimezzò e donò una parte al povero uomo sofferente.
Immediatamente un tiepido sole uscì a scaldare quella fredda e triste giornata autunnale.
In questa settimana, come spesso accade, il tempo ricalca alla perfezione la tradizione popolare anche se, e scusate se mi permetto una fugace digressione, la bontà degli uomini, la generosità e la sensibilità sembrano essere scomparse dall’animo delle persone tanto che mi sembrerebbe un miraggio assistere ad una scena di cotanta umanità.
Ma ancor di più mi sembra discostarsi dalla tradizione la siccità e la presenza anticiclonica, quest’ultima citata come una goccia nel mare che riscalda le fredde ed uggiose giornate autunnali.
Di “autunnale” sino ad oggi abbiamo avuto qualche valore termico ed in qualche zona qualche pioggia abbondante, ma tutto sembra discostarsi dalla visione scientifica e nazional popolare della stagione.
Gli scienziati e gli esperti del settore, rispetto alla totalità, indagano anche sulle possibili evoluzioni sinottiche degli ultimi anni, per cercare di inquadrare il “Nuovo Autunno”, si fa per dire, considerate le evoluzioni bariche che si sono avvicendate con il tempo.
La nota siccità del nord-ovest, la carenza idrica di una regione piovosa come il Lazio e l’aumento di fenomeni estremi ed intensi su settori adriatici, con consequenziale incremento in talune zone della pluviometria annua rispetto alla media trentennale, è uno dei tanti segnali peninsulari (nel nostro piccolo) che le perturbazioni di tipo atlantico o sui generis non trovano facile innesco.
Sempre più presenti sono le gocce fredde, figlie di sussulti rossbyani, incanalate verso sud da falle bariche più o meno permanenti, come quella del Portogallo o del Nord-Africa.
Il risultato, per il Mediterraneo, è una evoluzione dei fenomeni sempre più verso l’estremo, anche grazie al riscaldamento marino, con gorghi pressori sempre più profondi, MCS, TLC, COMMA, OCCL, etc che colpiscono velocemente senza recare lo stesso beneficio e senza la stessa accuratezza della classica, moderata e continua pioggia autunnale.
Oggi siamo alle prese con l’ennesima depressione che scivola sul bordo orientale della Penisola, figlia di diversi fattori concatenati: La QBO negativa, l’aumento della Artic Oscillation e quindi la vigorosità del Vortice polare, l’aumento pressorio in Atlantico con relativo ponte anticiclonico(NAO+ e blocco AMO+).
Le piogge, ancora una volta, avranno una distribuzione limitata, con fenomeni temporaleschi e rovesci, innescati dall’aria fredda alla media troposfera; ad usufruirne, ancora una volta, il settore adriatico con interessamenti più o meno intensi altrove.
Nell’editoriale precedente ho cercato di spiegare l’andamento novembrino, certamente non esaltante dal punto di vista pluviometrico, un po’ meglio per quanto concerne quello termico, anche guardando con un certo interesse al futuro visto che le dinamiche teleconnettive possono indurre a ragionamenti di ampia veduta.
Ma come non capire lo sconforto di chi ama la natura e l’evolversi delle stagioni?
Come non restare basiti dinanzi all’andamento meteorologico?
Non ci resta che aspettare fiduciosi, perché alcuni segnali ci invitano ad esserlo, seppur con molta saggezza ed oggettività, ben consci che il clima sta attraversando una fase delicata.