Tra i vari indicatori che possono essere utilizzati per valutare un andamento termico, le soglie di determinati valori offrono un elemento quantitativo che, entro certi limiti, può spiegare la variabilità intrannuale. Esaminando il numero di casi in cui la temperatura sinottica della base russa Vostok è scesa ad almeno -70 °C per i mesi cruciali del semestre freddo (giugno – agosto) nell’ultimo triennio, colpisce la crescita registrata nel 2008 (tra parentesi, le percentuali rispetto al massimo possibile):
2006 92 (25,0%)
2007 51 (13,9%)
2008 152 (41,3%)
Va subito chiarito che il dato dell’anno in corso è riferito alle 0600 UTC del 24 agosto: è dunque suscettibile di ulteriori incrementi, tant’è che se la percentuale viene ricalcolata eliminando le 30 misurazioni sinottiche non ancora effettuate, essa sale al 45,0% del massimo possibile.
Un ulteriore elemento di riflessione può essere dato dal fatto che 51 di questi 152 dati sono risultati pari o inferiori a -75 °C, ma nessuno ha sfondato la soglia dei -80 °C. Quale può esserne il motivo? Essendo le variabili in gioco tante e complesse, una risposta univoca non è possibile. Nel 1960 i climatologici sovietici precisarono che «le circostanze di freddo estremo possono esistere solo con circolazione ciclonica fredda», ma di fronte a tale assunto si constatò che «quasi tutte le temperature minime mensili in inverno sono state registrate durante un periodo di dominanza di circolazione anticiclonica superficiale» [Dalrymple, p. 206]. Tuttavia, se si scorre il grafico dei valori termici e barici, si noterà come la flessione della temperatura di norma avvenga in corrispondenza d’una diminuzione barometrica, con un certo disassamento fra i due minimi (inerzia termica). Il fatto che quest’anno i -80 °C non siano stati raggiunti può dipendere proprio dalla circostanza che la discesa barica non sia stata sufficientemente prolungata. A supporto di tale dinamica, che lega temperatura e pressione, valga l’esempio dell’agosto 2005; dopo una settimana di temperature quasi costantemente inferiori ai -70 °C, ecco l’andamento sinottico che caratterizzò i giorni 7 e 8 (in terza colonna la velocità del vento, in quarta la visibilità orizzontale):
0000 UTC -77,0 °C 611 hPa 4 m/s 50 km
0600 UTC -77,5 °C 608 hPa 1 m/s 50 km
1200 UTC -77,2 °C 606 hPa 5 m/s 50 km
1800 UTC -85,1 °C 604 hPa 2 m/s 50 km
0000 UTC -79,8 °C 607 hPa 4 m/s 50 km
0600 UTC -78,3 °C 612 hPa 3 m/s 50 km
1200 UTC -81,4 °C 615 hPa 2 m/s 50 km
1800 UTC -64,7 °C 614 hPa 9 m/s 20 km
Come si noterà, la conservazione dell’inversione termica è data dalla calma di vento e dalla limpidezza dell’aria (cielo sereno): il venir meno di tali condizioni, che si associa proprio a una rapida risalita barica, ha effetto immediato sulla temperatura.
Come elementi di curiosità conclusivi legati a queste tematiche, due anniversari che cadono il 24 agosto. A Vostok, nel 1960, venne registrata una minima di -88,3 °C che, superando il limite di -87,4 °C del 25 agosto 1958 nella stessa base, divenne record mondiale e tale rimase sino al 1983. Nel 1961 invece, sempre a Vostok, fu misurata un’inversione termica di 34,6 °C; pur estesa per 1.150 m dalla superficie, il massimo di tale inversione si concentrava nei primi 580 m: ben 33,7 °C.
Bibliografia:
P.C. DALRYMPLE, A Physical Climatology of the Antarctic Plateau, in M.J. RUBIN (a cura di), Studies in Antarctic Meteorology (Antarctic Research Series), Washington, 1966, vol. 9, pp. 195-231.