Il 3 gennaio 2020 le misurazioni effettuate da una radiosonda negli strati medio-stratosferici evidenziavano il valore più basso degli ultimi 40 anni sopra Reykjavik, in Islanda. Stiamo parlando di un valore impressionante, -96°C a 17.2 mb, ovvero a circa 25.6 km di altitudine. Semmai ce ne fosse bisogno, è l’ulteriore certificazione della forza e della cattiveria del Vortice Polare stratosferico.
Alcune settimane dopo è stato registrato un nuovo record di bassa temperatura, ma questa volta nella bassa stratosfera e più precisamente attorno al livello di pressione di 50 mb (18-20 km). In questo caso abbiamo due rilevazioni, effettuate da due diverse radiosonde: la prima è di Alert, in Canada, e ci mostra una temperatura a 50 mb di circa -83°C. La seconda rilevazione arriva dalle Svalbard, laddove le temperature della stratosfera erano addirittura più basse scendendo fino a -85°C. Entrambe le stazioni si trovano un po’ al di fuori rispetto al raggio d’azione del core gelido del Vortice Polare, il ché significa che le temperature sopra il polo erano probabilmente anche più basse.
Osservando le temperature minime del nucleo, possiamo tranquillamente affermare che hanno valori record anche per questo periodo dell’anno. Le temperature sono talmente basse da consentire la formazione del tipo 2 delle PSC. PSC è l’acronimo di Polar Stratospheric Clouds, ovvero nubi stratosferiche polari. Questo tipo di nubi si formano solo nelle aree più fredde della stratosfera, dove le temperature scendono al di sotto di -85°C. Le nuvole stratosferiche polari sono davvero uno spettacolo mozzafiato, soprattutto perché sono addirittura più rare dell’Aurora Boreale.
Ma le PSC hanno anche un lato oscuro. Sono un fattore chiave nella distruzione dell’ozono stratosferico. Al Polo Sud rappresentano una delle cause del famigerato “buco dell’ozono”, ovviamente inisieme ai ben noti Clorofluocarburi e alla luce solare. Tali nubi forniscono superfici che promuovono la produzione di cloro e bromo, elementi chimicamente attivi capaci di reagire alla luce solare e procedere in tal modo alla distruzione dell’Ozono.
Le temperature sopra il Polo Nord di solito non sono abbastanza fredde da consentire la formazione di grandi quantità di queste nubi stratosferiche e quindi creare un buco nell’ozono. Ma quest’anno il gelo siderale sta facilitando il mantenimento di superfici nuvolose stratosferiche dove composti di cloro e bromo chimicamente attivi portano al consumo dello strato d’ozono. I dati della NASA confermano il processo, difatti il basso livello d’ozono ha raggiunto valori record per questo periodo dell’anno.