Sono le 17 a Roma di quel 19 settembre 2006. Sto andando a riprendere il treno per tornare a casa quando mi viene in mente che oggi è San Gennaro e non ho ancora chiamato il mio amico di Napoli per fargli gli auguri ma se sapesse cosa sto immortalando fotograficamente mi perdonerebbe e m’inciterebbe a proseguire, d’altronde Gennaro è il mio vicino di casa al mare d’estate da 18 anni a questa parte e conosce la mia fobia quando si presentano situazioni meteorologiche come quella di oggi a Roma.
I “mamma” la fanno da padrone ed io non ho che questa digitale formato Barbie per testimoniare quello che vedo ma almeno è già qualcosa ma se solo immaginassi quello che vedrò 2 ore più tardi mi prenderebbero i scompensi cardiaci. Nell’ignoranza del mio futuro prossimo prosieguo nel mio avvicinarmi alla stazione ferroviaria di Roma e lo sfondo celeste continua ad avere mutazioni cromatiche in sequenza esponenziale. Mi sento nudo come un verme e spero di avere il tempo necessario per arrivare a casa per potermi armare dell’occorrente per questi momenti così rari. Durante il tragitto verso la zona periferica di Roma Est (direzione Monterondo ed oltre) comincio ad avere i primi sintomi di claustrofobia perché lo spettacolo che si osserva dai finestrini è da “Giudizio Universale”.
I mamma si sono fusi in una colorazione giallastra che il sole che sta tramontando gli adagia sulle cime sempre in continuo mutamento. La sagoma dei monti Lucretili annichilisce di fronte a cotanta maestosità di vorticosità dell’aria e si presta volentieri a sfondo per questo Caravaggio che il tempo pennella nell’aria. Sono le 19 quando comincia in pompa magna lo spettacolo pirotecnico. Capisco che non ce la farò ad immortalare tutti quei fulmini, ne cadono a decine, ingoio il rospo con dignità ma continuo nel mio peregrinare da un vagone all’altro per dare uno sfogo al mio animo ferito a morte.
Indosso il giaccone di lavoro che sicuramente trae in inganno alcuni passeggeri che al vedermi per l’ennesima volta passare nello scompartimento mettono mano all’abbonamento ferroviario e me lo mostrano incuranti di quello che invece sta succedendo fuori. Mi trovo prigioniero di questa trappola d’acciaio, inerme di fronte a tanto ben di Dio, scarno dei miei attrezzi da lavoro, orfano della dea bendata mentre lo sfrigolio dei carrelli sui binari lacera l’aria che mi circonda. Mi metto il cuore in pace (e ce ne vuole…), il mio naso si spiana addosso al finestrino del vetro e l’alito da un effetto flou a quel quadro, sgorga una lacrima dal ciglio umido ma subito debbo ricompormi perché c’è un bimbo che mi guarda stranito mentre l’indice della mano sinistra gli scompare nella narice di pertinenza.
Mi guarda e con tutta la semplicità della sua età mi dice: “Non hai paura dei lampi?” lo guardo e penso che alla sua età mi nascondevo sotto il tavolo della cucina e mi tappavo le orecchie. Lo guardo e gli rispondo un flebile “si”, se fossi Pinocchio sfonderei il vetro col naso. Mi guarda, sorride e mi risponde: “io no…mi fa paura solo il tuono..” beata fanciullezza.
Una volta giunto a destinazione mi apparto e mi gusto lo spettacolo, la memoria incamera quei frame incredibili per colori, raffinati nella loro maestosità, unici nelle loro prestazioni. Noto con stupore come ci siano stati circa 6 o 7 fulminazioni verso terra di scariche anche a 3-4 colpi di notevole estensione e di una colorazione prettamente bluastra che si vede anche a ….occhio nudo.
Squilla il cellulare:
“Pronto? Ciao Robbè so Francesco…”
“Ti chiamo tra un po’ io, ciao”
e riattacco senza scrupoli. Neanche 2 secondi di telefonata. Quando sono in contemplazione non c’è nulla che mi possa disturbare, l’unico che poteva farlo era Alvaro ed ora che lui non c’è più sento che in questi momenti mi manca ancora di più. Sono sicuro che da lassù si sarà lo spettacolo in prima fila e mi viene anche il dubbio che sia lui l’organizzatore di tutto quanto questo….sorrido pensando che anche lassù abbiamo il nostro Pippo Baudo della situazione.
“Questo temporale?…l’ho scoperto io !”
Ciao Alvaro.