Tra le province del Lazio, certamente, la zona del viterbese è quella che “geologicamente” si discosta, anche in maniera sensibile, dalle altre.
Morbide ondulazioni del terreno che partono, culminando con i “Colli Cimini” , massima altezza 1053 mt, dal centro ideale della provincia verso il mare.
Un continuo sali e scendi che sfuma degradando verso il Tirreno, ove lo sguardo si perde in ampie distese collinari verdeggianti e spazia “all’infinito”.
Spesso durante il periodo invernale e in presenza di forti venti di tramontana, si può coprire un raggio di oltre 70 km lineari e “sbirciare” la Maremma toscana mirando il “cucuzzolo” dell’ Argentario.
A cornice di ciò, come due “perle” di color ” azzurro profondo” , spiccano i due laghi vulcanici di: Vico (mt 480 slm a SW della provincia) e Bolsena (mt 300 circa slm – il maggior lago vulcanico d’Italia – a NNW della provincia).
La caratteristica climatica saliente, che trova origini da un vasto “varco” dell’Appennino, ad est, è quella della forza e impeto del vento che , da NNE, si insinua in queste ampie gole e giunge con tutta la sua naturale forza sino al mar Tirreno. Manifestazioni che durante la primavera e con il crescere delle piantagioni di foraggio e grano, imprimono, a questo “quadro idilliaco”, una sorta di “ondoso mare verde”.
Non sono assolutamente insolite le “occasioni” di assistere, in casi particolari e contingenti , a raffiche di vento che possono raggiungere anche i 100 kmh.
Il freddo spesso è causa della marcata sensazione che il corpo avverte durante queste “tese tempeste ” di Vento.
In assoluto la parte centrale della Tuscia non risulta particolarmente fredda, mentre quella situata a Nord ed adagiata sui Volsini frequentemente registra temperature ben più rigide dell’intera provincia.
Praticamente una realtà climatica, che prescindendo dall’altitudine, si potrebbe dividere in due “tronconi” principali: Provincia di NW (molto più fredda) e quella che confina con quella di Roma (molto meno rigida).
Nel fulcro della Tuscia i colli Cimini. Morbidi rilevi che non disturbano con “asprezze” lo sguardo, ma che, come candidi “pandori”, spesso in inverno si colorano di bianco.