Da quando l’evoluzione tecnologica iniziò ad accompagnare lo scandire del tempo, fu il principio di una nuova era meteorologica rappresentata dalla modellistica e dall’archiviazione statistica di eventi e fenomeni naturali. Passarono gli anni e l’uomo, fiero delle proprie innovazioni, cercò di rinchiudere un’evoluzione complessa come quella delle stagioni, in rigidi schemi dettati dalle conoscenze fino ad allora acquisite.
E proprio allora, ogni qualvolta un episodio non coincidesse con quel che si registrò nel corso di periodiche osservazioni, ci si affrettava in un’affannosa ricerca di motivazioni che potessero, seppur non scientificamente, spiegare la non rispondenza con quella che da tempo viene definita “statistica degli eventi”.
È pur sempre vero che, se oggi è possibile spingersi con previsioni a lungo termine o prevedere con anticipo eventuali fenomeni violenti, lo si deve agli immani progressi tecnologici in campo scientifico. Quel che spesso si dimentica è la capacità intrinseca di ogni fenomeno naturale che, non regolato da vincolanti formule matematiche, è spesso capace di manifestarsi in modi talvolta del tutto inaspettati.
Quel che potrebbe essere considerato come, non correttamente, “indeterminismo”, non è altro che un normale sfuggire da schemi predefiniti che mal si adattano ad un qualcosa che altrimenti mai sarebbe in grado di stupire. Ecco quindi che, in un autunno giunto al suo naturale intermezzo, il susseguirsi di evoluzioni capaci di smarcarsi da una “previsione statistica” non dovrebbe mostrare in se nulla di oscuro. Eppure, l’orgoglio umano spesso ci rende indomiti, a tal punto da voler attribuire un significato di anormalità ad ogni evento che non rientri all’interno di un polveroso quanto indispensabile archivio di mappe meteo.
Ma la scienza meteorologica, sperimentale come tutte le altre, propone da millenni scenari talvolta diversi talvolta simili. Così, in una stagione meravigliosa come quella in essere, si è passati da un copione recitante deficit idrico e caldo, ad uno con su scritto abbondanti piogge ad un altro ancora nel quale potremo rivedere e rivivere scampoli di un inverno oramai in procinto di salire sul palco.
Certo, analizzando il “tipico” schema riportato negli annali meteo, il tutto poteva sembrare come nuovo e forse addirittura anomalo. E sappiamo bene che ad anomalie prolungate fanno seguito indefiniti cambiamenti climatici (ma sarà poi cosi?). Ricordando che non ci è dato ancora, e forse non ci sarà mai dato, sapere se la ciclicità è realmente una delle tante sfaccettature della “meteo-climatologia”, occorrerebbe osservare con il dovuto rispetto, nonché attenzione, il lento incedere delle stagioni.
Mai scordando che, come in ogni scienza, l’essere sperimentale cela in se un altrettanta imprevedibilità.
Prepariamoci quindi ad una fase in cui, forse perché maggiormente amata o magari semplicemente attesa, la futura evoluzione riporterà le condizioni verso quella che in tanti amano definire come “normalità stagionale”.