Proponiamo oggi un’analisi rivolta a chi, quotidianamente, rivolge le proprie attenzioni al mondo vegetale. Sia ai semplici appassionati, sia a chi ne trae fonte di sostentamento. Bene, come si evince chiaramente dal titolo, si prospetta una fase tutto sommato “normale”, dettata da un campo di alta pressione di chiara matrice continentale che avvolgerà Europa Centrale e bacino del Mediterraneo.
Un periodo che viene comunemente denominato “secca di gennaio”, il che, chiaramente, spiega concretamente il significato di tale assunto. Assenza di precipitazioni, giornate più o meno soleggiate, freddo durante le ore notturne, possibili gelate in pianura e nelle valli interne, formazione di estesi banchi di nebbia per inversione termica.
È bene tuttavia considerare la fase stagionale che conduce a siffatta evoluzione, ossia la piena maturità dell’inverno. Un periodo nel quale la vegetazione, sia essa coltivata che allo stato naturale, è in “riposo vegetativo”. Il significato? Semplice. I tessuti legnosi, induritisi durante il pregresso autunno per accumulo di sostanze di riserva, dormono, in attesa di quelle condizioni climatiche (la primavera) che ne ripristineranno il normale ciclo biologico.
Si potrebbe pertanto credere che una fase anticiclonica come quella paventata possa non arrecare particolari problemi alle piante in fase di dormienza. In linea teorica possiamo ritenere tal concetto esatto, tuttavia la pratica può, talvolta, mostrarsi diversa. E la causa è da ricercarsi nelle condizioni che si svilupperanno durante tal periodo. Appurato che non vi saranno problemi durante le ore diurne, restano da valutare quelle notturne, durante le quali si potrebbe andare incontro a forti gelate sia in pianura che nelle valli interne prossime ai rilievi.
Una condizione che può portare danni qualora le temperature minime facciano registrare valori al di sotto della soglia “critica” di sopportazione da parte delle piante. Una soglia che varia da specie a specie, ma che qualora si superino i -10 gradi di minima può arrecare danni diffusi ai tessuti legnosi come ad esempio bruciature da gelo.
Un ulteriore elemento d’attenzione è rappresentato dalle possibili nebbie in formazione per forte inversione termica. Un elevato livello d’umidità in aggiunta a temperature negative, può dar luogo a danni maggiori per deposito di microgoccioline sulle parti vegetali, con conseguente congelamento e conseguenti danni da gelo. Un fenomeno in qualche modo simile alla pioggia ghiacciata avuta a fine dicembre in molte regioni del Nord, anche se con effetti meno marcati e diffusi.
Và peraltro rimarcato come molte specie, in particolare quelle ad alto fusto e maggiormente adattabili ai climi freddi, non risentiranno minimamente di tali avversità climatiche. Un occhio di riguardo maggiore pertanto a tutte quelle colture, specie o varietà, particolarmente sensibili ai danni da gelo. Ma niente allarmismi, si tratterà di una normale fase fredda anticiclonica comunemente riscontrabile nel cuore dell’inverno. Insomma, niente di paragonabile alle tremende gelate tardo-primaverili, altamente deleterie ai giovani germogli in fase di ripresa vegetativa.