Spesso siamo accusati di essere convulsi, scriteriati ed ossessivi, quindi malati, osservatori del Creato.
La nostra più “insana” emozione spesso è la più alta espressione del vivere.
Uomini sensibili, passionali, commoventi.
Personaggi che si muovono tra una moltitudine di “indifferenza”, ma che non sono mai insensibili alle più piccole sfumature che il cielo gli regala.
Un forte legame, un filo invisibile, che li accomuna tra terra e cielo. Un matrimonio indissolubile di grande spessore e “carnale legame”.
Osservare cadere “quattro fiocchi di neve”, attesa spesso disperata, è come produrre una profonda riflessione con la propria anima. Un colloquio diretto, senza intermediari, puro e candido come quella “cosa fredda” che viene calpestata tra le suole delle scarpe.
La testa nel suo scrutare la volta celeste cerca, inconsapevole, l’inizio e la ragione per la quale un “uomo” inizia ad esistere e quale è la direzione che segue.
Non è solo neve, acqua, freddo e torrido sole…è “l’uomo” che si specchia nella sua più nascosta, pertanto muta, religione quotidiana.
Un nuvola, la cosa più comune, rappresenta il limite dell’irraggiungibile, il sogno più lontano.
Non sono, non siamo uomini di “carne”, sola carne, ma di pensiero e “spuria” materia. Un composito d’aria e terra.
Un uomo nascosto da un lampione “sbircia” il cielo cercando qualcosa che nel buio abbia “vita”.