Stiamo da giorni seguendo un tipo d’evoluzione che sembra assumere connotati tipicamente invernali. Un tipo di configurazione che se si fosse verificata tre mesi più in là avrebbe assicurato gelo e forse neve su gran parte della Penisola. La forma dubitativa è dovuta al fatto che ancora non sappiamo con certezza quali saranno gli effetti in termini di precipitazioni del prossimo peggioramento. Ciò perché pare venire meno la componente più umida da Ovest, miccia essenziale nell’attivare severi contrasti termici con l’aria fredda in arrivo.
Ma al di là degli aspetti puramente meteorologici, interessa forse più discernere sui possibili risvolti che un fase fredda di tal genere potrebbe avere nel proseguo del trimestre freddo. Il perché? Bene, credo che in tanti celino il timore che il freddo anticipato significhi poi inverno mite e povero di neve. Come si suol dire, “le cartucce fredde è meglio spararle a tempo debito piuttosto che fuori stagione”. Ma abbiamo realmente la certezza che tal frase corrisponda poi alla realtà?
A questo punto si corre il rischio di esporre opinioni puramente personali che andrebbero oltre l’analisi oggettiva insita in tal contesto. Per evitarlo non si può far altro che affidarsi agli archivi di meteorologia, laddove sono custodite preziose informazioni in merito al clima che fu e dal quale si possono trarre informazioni fondamentali circa l’attualità. Se si avesse la pazienza di scrutare in migliaia di carte colorate ci si renderebbe conto che negli anni ’50-’60 gli scambi meridiani (che oggi portano un certo stupore per la loro ripetitività) erano una consuetudine.
E proprio in quegl’anni si ebbero gli inverni tra i più freddi che si ricordino. Ma allora quale miglior paragone con quanto accadde all’epoca? Si potrebbe portare l’esempio dell’ottobre del 1955 oppure quello del 1956 (credo non ci sia bisogno di rammentare cosa accadde in termini invernali in quel periodo) e si osserverebbe facilmente che proprio agli inizi del mese d’ottobre (tra il 5 ed il 10 del mese) si ebbero dei veri e propri assaggi freddi.
Magari furono differenti le configurazioni che portarono a tali manifestazioni (non così tanto poi, visto che anche allora v’erano due possenti figure di alta pressione: l’alta delle Azzorre ed un alta Russo-Scandinava) ma è certo che, osservando i valori termici a 850 hPa, la neve cadde sui rilievi a quote veramente basse. Si potrebbe obbiettare che la storia meteorologica è ricca di esempi diametralmente opposti (autunni freddi, inverni miti), ma potrei rispondere che tutto ciò non farebbe altro che confermare l’imprevedibilità della natura. Imprigionarla in degli schemi da noi preconfezionati è impossibile. Ha fatto e farà sempre ciò che meglio gli conviene.