Definire la “primavera” in questi ultimi 20/30 anni risulta impresa di non facile identificazione.
Gli aspetti di tale periodo di passaggio, dal trimestre freddo a quello caldo, spesso sono contraddittori e non facilmente interpretabili. In considerazione di ciò la climatologia moderna ha quasi totalmente “inibito” il concetto di “trimestre” e lo ha sostituito con quello di “semestre freddo/caldo”.
Concetto indicativo di quanto, spesso, si presentino delle situazioni “limite” nelle quali è pressoché impossibile trovare un giusta linea di demarcazione.
In ogni caso, la totalità degli studiosi del clima, aggiornando le recenti casistiche (si parla di variazioni pluridecennali), hanno attribuito dei valori standard e di facile comprensione che possano essere “aggettivati” come caratteristiche di una stagione.
PRIMAVERA:
Periodo nel quale sono presenti, in maniera del tutto variabile e non persistente, delle componenti precipitative, termiche e pressorie (area mediterranea) che identificano tale situazione, spazio/tempo, come: “segmento temporale estremamente dinamico”.
L’importanza del concetto “dinamico” è fondamentale. Esso indica, quindi pone le condizioni, per una corretta classificazione della stagione in questione.
Tutto quello che è “esuberante”, al concetto evolutivo sopra esposto, non è “proprio”; quindi non rientrante nella regola dell’osservazione che viene posta in essere.
Se si prospettano periodi, più o meno lunghi, di tempo perturbato rappresentato da precipitazioni continue e localmente persistenti, attraverso anche una delle suddette componenti (esempio marcate situazioni depressionarie), la “regola” viene ampiamente debordata e non si può più fare riferimento al concetto “dinamico”.
E’ proprio questa significativa espressione: dinamico = movimento, che racchiude tutte le sfumature del caso.
La persistenza, quindi il protrarsi nel tempo, di certe situazioni non hanno nulla a che vedere con la stagione primaverile e rientrano in un “non regolare” procedimento evolutivo.
Se poi questo parametro viene a spostarsi oltre il ciclo “normale”, protrarsi di situazioni non dinamiche, si pone una necessaria e differente rilettura. Lettura che perde ogni riferimento “homalòs” (normale) ed acquista le caratteristiche dell’anomalia. Quindi, in assoluto, è errato parlare di “non normale o normale” solo in riferimento all’andamento termico. Esso è solo una componente di un attributo molto più ampio.