I test della rete internazionale Csep (Collaboratory for the Study of Earthquake Predictability), cui l’Italia partecipa con ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), accanto a California, Nuova Zelanda e Giappone, forniscono probabilità accurate sui movimenti improvvisi della terraferma.
La previsione dei terremoti si sposta così in ambito scientifico. Non si è in grado di dire se domani ci sarà un terremoto, ma di calcolare delle probabilità. Ebbene, i primi risultati dei test, pubblicati sulla rivista Seismological Research Letters, riguardano il periodo 2009-2014 e appaiono più che incoraggianti.
Da qualche anno i dati vengono trasmessi a livello sperimentale sia alla Commissione Grandi Rischi sia alla Protezione Civile. Se le probabilità di un terremoto «sono del 5%, questo significa che in media una volta su 20 in quelle particolari condizioni ci sarà un terremoto», come spiegato dal sismologo dell’INGV Marzocchi.
Si resta lontani anni luce da quello che si intende comunemente con il termine previsione, ma certamente è possibile indicare come le probabilità cambiano nel tempo e nello spazio. Tutti i dati dall’agosto 2009 al 2014 registrati dalla Rete sismica nazionale sono stati confrontati con le previsioni probabilistiche.
Ciò permettere di appurare quale fra i tanti modelli, sottoposti all’esame del Csep, sia il più efficiente. Dopo questo primo round si prevedono altri cinque anni di test dei modelli. Si analizzeranno anche quelli relativi alla sequenza iniziata il 24 agosto 2016 nell’Italia centrale.