La ricerca, pubblicata on-line il 2 ottobre sulla rivista Nature , mostra come la quantità di ozono distruttra nella regione artica distrutta nel 2011 è paragonabile alle quantità osservate in annate terribili, quando un “buco” di ozono si formava ogni primavera a partire dalla metà 1980. Lo strato di ozono stratosferico, che si estende da circa 10 a 20 miglia (da 15 a 35 km) sopra la superficie terrestre, protegge la vita sulla Terra dai dannosi raggi ultravioletti del sole.
Il buco dell’ozono al di sopra dell’Antartide si forma quando temperature estremamente fredde, comuni in stratosfera durante l’inverno antartico, innescano reazioni che trasformano il cloro accumulato in atmosfera a seguito delle attività umane in forme che vanno ad intaccare lo strato di ozono. La stessa perdita di ozono-processi si verificano ogni inverno nell’Artico.
Tuttavia, le condizioni generalmente più calde della stratosfera al di sopra dell’Artico limitano l’area interessata e l’arco di tempo durante il quale avvengono le reazioni chimiche, con conseguente perdita di ozono nettamente inferiore rispetto a quel che accade in Antartide.
Per studiare la perdita d’ozono, nel 2011, sopra l’artico, gli scienziati di 19 istituzioni di nove paesi (Stati Uniti, Germania, Olanda, Canada, Russia, Finlandia, Danimarca, Giappone e Spagna) hanno analizzato una serie completa di misure e hanno scoperto che a certe altitudini, il periodo di freddo è durato più di 30 giorni in più che in ogni inverno precedentemente studiato, portando ad una perdita di ozono senza precedenti. Sono necessari ulteriori studi per determinare quali fattori hanno causato un periodo di freddo così a lungo.
“Osservando le temperature giorno per giorno, abbiamo notato che le stesse hanno raggiunto valori più bassi rispetto ai precedenti inverni freddi artici”, sostiene Gloria Manney del Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California, e collaboratrice del New Mexico Institute of Mining and Tecnology di Socorro.
“La differenza con gli inverni precedenti è che le temperature sono risultate abbastanza basse da determinare processi chimici che trasformano il coloro in forme altamente dannose per l’ozono stratosferico. Ciò vuol dire che se nel corso dell’inverno le temperature della stratosfera artica dovesse calare anche solo leggermente, ad esempio a causa dei cambiamenti climatici, si potrebbe verificare una grave perdita d’ozono”.
La perdita registrata nel 2011 lha interessato una superficie notevolmente inferiore a quella dell’Antartide. Questo perché il vortice polare artico, un’area ciclonica persistente di grandi dimensioni entro la quale avviene la perdita d’ozono, è di circa il 40 per cento più piccolo rispetto alla corrispetiva figura ciclonica dell’Antartide. Il vortice polare artico, tra l’altro, è più mobile e molto spesso stazionante al di sopra di aree densamente abitate.
Manny sostiene che senza il Protocollo di Montreal 1989, un trattato internazionale che limita la produzione di sostanze lesive dell’ozono, i livelli di cloro sarebbe già così elevatì da favorire la formazione di un buco dell’ozono artico ogni primavera. L’alta persistenza di questi composti nell’atmosfera potrebbe indurre un’accelerazione nel processo anche nell’immediato futuro.
Per ulteriori informazioni sullo studio effettuato dalla NASA, visitare il sito: https://www.nasa.gov/aura oppure https://www.nasa.gov/calipso