Non di rado, come abbiamo potuto modo di assistere a più riprese in questo mese d’ottobre, accade che le perturbazioni sul Mediterraneo non riescano poi ad evolvere normalmente verso levante e sono così costrette a bloccarsi, distaccandosi dal flusso principale. Ma quali sono le dinamiche che portano alle strozzature di una saccatura ed alla successiva filiazione di vortici autonomi? Una delle cause principali è legata al comportamento della corrente a getto in seno alle saccature che, non appena aumenta l’oscillazione in senso meridiano, crea ondulazioni più marcate e questo significa maggiori scambi di calore.
In queste contingenze l’aria fredda discende sul lato occidentale della saccature, alimentando le aree depressionarie associate. Allo stesso tempo si crea però un maggiore richiamo d’aria calda in risalita dalle latitudini sub-tropicali, che alimentano inevitabilmente gli anticicloni sui bordi orientali della saccatura: quando la saccatura è troppo debole, allora si trova sopraffatta dalla forza degli anticicloni che creano un’opposizione troppo tenace per consentire l’avanzamento della saccatura, costretta così letteralmente a “rompersi”.
Lo scenario meteo atteso per i prossimi giorni rientrerà esattamente nella casistica appena descritta: l’aspetto più importante è legato al fatto che queste configurazioni di blocco sono spesso sinonimo di maltempo. Una saccatura, in successiva evoluzione depressionaria a cut-off, appena ad ovest dell’Italia, crea infatti i presupposti ideali per un energico richiamo perturbato molto umido sciroccale: la persistenza dei fenomeni sulle stesse zone (esaltazione orografica rispetto al flusso delle correnti, laddove esse sono costrette al sollevamento rapido e forzato), per via dell’evoluzione pressoché bloccata o molto a rilento, crea quelle tipiche situazioni di pericolo per via di accumuli piovosi eccessivi, talvolta in breve tempo.