In questo articolo voglio soffermarmi su quello che si sarebbe potuto fare e che per imperizia non si è fatto per salvare qualche vita in più.
Ieri all’alba un potente terremoto è esploso a largo dell’isola di Sumatra, nel sud-est asiatico, provocando un onda di Tsunami apportatrice di morte e distruzione in tutto il comparto indo-indonesiano. In queste righe partiremo da un analisi geologica dell’evento soffermandoci sui fattori locali che ne hanno amplificato la forza distruttiva.
L’isola di Sumatra, è uno dei punti più pericolosi del pianeta dal punto di vista sismico, perché costituisce nella sua quasi totalità l’avamposto di una linea di Subduzione. Per capire cosa è la subduzione dovremo riferirci alla teoria della tettonica a placche, che spiega l’attività tettonica e sismica, come una conseguenza dell’interazione di un limitato numero di placche rigide le quali si deformano sensibilmente solo ai loro margini.
L’isola di Sumatra costituisce una parte di un sistema geologico detto arco-fossa; esso infatti prende origine dallo scontro di crosta oceanica in movimento di allontanamento dalle dorsali oceaniche, zone di sua produzione, con la crosta continentale, più leggera ma più fragile. Dallo scontro di questi due sistemi geologici avviene il fenomeno detto della subduzione: la crosta oceanica, più pesante di quella terrestre viene a sprofondare sotto la crosta continentale in un zona detta “fossa oceanica” scendendo attraverso un piano detto di Benioff nello strato litologico sottostante la litosfera, detto astenosfera, completamente fuso, e qui esso viene distrutto. La crosta oceanica distrutta a questo punto risale formando il cosiddetto arco magmatico, una zona di crosta caratterizzata dalla presenza di forte attività vulcanica.
L’isola di Sumatra costituisce un esempio classico di arco magmatico, così come il Cile, il Giappone o più vicino a noi l’appennino meridionale, zona di subduzione attiva. Queste zone sono di solito funestate da frequenti terremoti, anche disastrosi come quello del Cile nel 1960 o dell’Irpinia del 1980. In questo caso però è avvenuto un evento sismico amplificato da un fenomeno rarissimo per le zone del Pacifico occidentale, cioè lo Tsunami.
Per capire cosa è avvenuto, dovremo partire dall’epicentro del sisma, avvenuto al largo di Sumatra, cioè in mare e cioè proprio nella Fossa oceanica attraverso la quale la crosta oceanica subduce nel mantello. Quindi per prima conseguenza il sisma è stato un sisma superficiale dunque più distruttivo in quanto la forza meccanica ha potuto esplicarsi in maniera quasi intatta non trovando attrito notevole nel passare attraverso grandi spessori di crosta. Questa forza meccanica dunque ha potuto esplodere nelle profondità marine generando di conseguenza una spostamento della massa idrica marina dando origine all’onda di Tsunami.
Ora è necessario fare una precisazione, abbiamo parlato di energia, e non di massa; infatti quando parliamo di onde non parliamo mai di trasporto di massa ma di energia; nel moto ondoso, infatti, ogni molecola d’acqua riceve la quantità di energia formando un moto circolare e cedendo la sua energia intatta alla molecola successiva. Dunque l’energia propagata dal sisma riesce a percorrere immensi tragitti conservando la sua energia distruttiva, che si esplica quando le molecole d’acqua attraversate dall’onda meccanica si trovano a ridosso della costa. In questo caso, l’abbassarsi della profondità provoca un collasso nel sistema, infatti le molecole d’acqua più superficiali continuano ad avere la stessa velocità, mentre quelle più vicine al fondo perdono velocità in quanto risentono dell’attrito del fondo, cosicché la parte più superficiale dello specchio d’acqua si trova ad alzarsi dando vita al frangente che poi una volta arrivato verso la spiaggia non può più sopportare il peso e quindi si infrange.
Questo fenomeno avviene ogni secondo in tutte le spiagge del mondo, ma è generato da quantitativi minimi di energia dovuti al vento o alle maree, ma quando esso è mosso da quantitativi energetici enormi esplicati in tempi molto piccoli esso diviene distruttivo in quanto può accadere che il frangente dell’onda raggiunga altezze anche di venti metri e oltre, dando vita allo Tsunami, onda del porto.
Purtroppo bisogna aggiungere che le condizioni geografiche locali hanno contribuito all’amplificazione dell’evento, soprattutto gli atolli, con la loro struttura particolare hanno amplificato i frangenti d’onda rendendoli più distruttivi: infatti negli atolli il passaggio dalle acque profonde alla spiaggia è repentino limitando la dissipazione dell’energia e amplificando il frangente. Inoltre la presenza di insenature e barriere non ha fatto altro che aumentare la forza distruttrice del frangente d’onda come è successo nell’India meridionale e nello Sri Lanka. Ma soprattutto, io credo, che il maggior contributo a questa immane tragedia, oltre all’inaudita potenza del sisma, di gran lunga uno dei più violenti mai registrati, sia stato dato dall’uomo, che ancora oggi permette con le sue politiche scellerate a immense popolazioni nel mondo di vivere in autentiche baracche senza alcuna dignità e soprattutto in balia di qualsiasi evento calamitoso. Vorrei concludere, che al di là dell’immenso dolore che accomuna tutti gli uomini, senza distinzione di classe e di razza rimane un immenso punto interrogativo, una angosciosa domanda: quante persone avrebbero potuto salvarsi se avessero potuto usufruire, per vivere, della peggiore bettola assicurata all’ultimo dei nostri turisti, peggiore ma quanto meno in cemento armato…