Viene definita “piccola era glaciale” quel periodo storico che va dalla metà del quindicesimo secolo alla metà del diciannovesimo secolo. Un periodo di quattrocento anni durante il quale in Europa (e non solo) i ghiacciai montani si sono notevolmente espansi ed il clima era così severo da essere la causa diretta o la concausa di gravi carestie.
A dir la verità, già a partire dal tredicesimo secolo si sono verificati inverni molto freddi o estati particolarmente piovose (si ricordano gli inverni del 1204/5, 1233/4, 1269/70, 1309/10 e 1407/8), ma alcuni climatologi sostengono che il vero cambiamento di rotta si possa identificare nell’inverno del 1431, uno dei peggiori del millennio, il primo di sette inverni successivi caratterizzati da un centro di alta pressione persistente che interessò la Scandinavia e che portò venti orientali sull’Inghilterra e tutta l’Europa occidentale con gelo intenso e violente tempeste di neve.
Durante quegli inverni ebbe termine la produzione di vino in Inghilterra, scomparirono gli ulivi nella pianura Padana ed i laghi e fiumi della Germania gelarono completamente dalla fine di novembre fino all’inizio di marzo.
Ecco alcune testimonianze dell’epoca:
anno 1431. » 6 gennaio. “El fu si gran fredo in Veniezia, et fu la giazza sì grande, sì grossa et sì dura, per tuta Veniezia el se podeva andar da Veniezia a Mestre per suso; et venne una carretta con un cavallo su per la ghiazza, da Mestre per finir a Canarejo, et tolse una novizza (sposa) de Veniezia et menolla a Mestre su per la ghiazza, et questa ghiazza duro fino a dì XXII de fevrer”. (Erizzo).
Da “Cronache Spilimberghesi” (Spilimbergo è un comune dalla pianura friulana)
“Nell’anno 1432 il freddo seccò gli olivi insieme agli allori e agli alberi di fico. Nell’anno 1434 una brinata davvero dannosa bruciò le viti. Era il 26 aprile.”
Sappiamo inoltre che nell’inverno 1433/1434 (o forse 1434/1435) il fiume Po rimase congelato da dicembre a febbraio.
Ma in questa prima parte della piccola era glaciale il freddo non fu continuo ed a questi episodi di gran gelo, si susseguirono periodi, durati anche decine d’anni, con tempo molto favorevole.
Le cronache descrivono di tepori estivi in dicembre ed inverni mitissimi: “Fiorirono molti alberi e portavano anca fruti come nella propria loro statone”;
“All’inizio dell’anno seguente, 1471, quasi come se lo stesso venisse a correggere quanto l’anno precedente aveva fatto in disastri (alluvioni autunnali ndr), l’inverno fu mitissimo, quasi sempre sereno e senza neve, almeno nelle nostre campagne, ad eccezione di una spruzzata caduta una notte che subito nel mattino seguente si sciolse in pioggia e tornò il sereno. Dio voglia che questo tepore e questo sereno ci porti fertilità e allegria!”.
Ma ci furono anche nuovi inverni terribili, come quello del 1490 durante il quale la pianura padana intera fu sommersa dalla neve per tutto il periodo invernale fino a marzo inoltrato, e nuovamente periodi talmente miti e favorevoli che, nonostante la devastazione causata dalle cicliche incursioni della peste, la produzione del grano ebbe incrementi spettacolari e il suo prezzo si abbassò considerevolmente, tanto che durante la prima metà del sedicesimo secolo le cronache inglesi narrano di cinque annate consecutive con raccolti “eccezionali” che apportarono grande abbondanza di cibo.
Possiamo immaginare dunque un periodo climatico estremamente instabile, che fluttuava ripetutamente fra il caldo ed il freddo, ma fu quest’ultimo che nei secoli successivi ebbe la meglio.
Solo dal 1850 in poi, i ghiacciai iniziarono a ritirarsi ed i periodi caldi iniziarono a farsi prevalenti, fino alla venuta del caldo XX secolo.