La primavera meteorologica è iniziata il 1° Marzo e, dopo un mese esatto dall’incipit stagionale, possiamo tentare di riassumere l’evoluzione ed il passaggio dall’inverno al nuovo trimestre.
Per molte persone, la maggior parte degli italiani, il mese pazzerello non sarà ricordato positivamente, ripensando alle molte giornate fredde e/o umide ed alle numerose piogge che hanno imperversato sulla nostra penisola, per altro proseguimento di un guasto atmosferico iniziato verso la fine di Febbraio.
Non dimentichiamo in ultimo, ma non per importanza, le ripetute nevicate sui monti (alpini ed appenninici) scese talvolta ed in taluni posti sino a quote collinari ed anche sino in pianura, in un contesto freddo che, in qualche notte serena, ha permesso locali gelate sino al suolo.
Come valutare il quadro meteorologico mensile descritto?
Gli amanti della bella stagione, dei primi tepori e delle prime scampagnate, non avranno certamente apprezzato le oscillazioni barocline e la persistente condizione depressionaria sul Mediterraneo; però, a prescindere dai gusti personali, è sempre bene avvicinarsi alla materia di studio attraverso l’indagine rigorosa, oggettiva, distante dall’erroneo “de gustibus”.
Senza dilungarci troppo in una analisi che richiederebbe maggior attenzione, vogliamo ricordare l’assenza preoccupante delle piogge autunnali ed invernali che, in lungo ed in largo, sono mancate sulla nostra penisola. Ovviamente, la pioggia che sarebbe dovuta precipitare sulle nostre pianure, si trasforma in un pesante deficit nivometrico sulle montagne nazionali; il gap in questione, rispetto ad una latitanza idrica a bassa quota, non può essere colmato con le nevicate primaverili o in tarda stagione.
La neve invernale è fondamentale poiché, grazie alle basse temperature ed alla condizione ottimale dell’Inverno, riesce a consolidarsi ed a subire un processo di trasformazione: la neve fresca ha una densità approssimativa di 100kg/metro cubo poiché c’è una frapposizione di aria tra i cristalli; subendo vari mutamenti, grazie al peso delle nuove nevicate che formano nuovi strati, l’aria presente nel volume viene progressivamente espulsa, facendo sì che le nevicate invernali diventino dei nevai o il cosiddetto firn, con densità pari a 500kg/metro cubo.
L’importanza di questo strato di neve (ed in generale delle abbondanti nevicate invernali che sono mancate) è rilevante, poiché contribuisce in modo consistente all’approvvigionamento delle falde acquifere presenti in gran parte del territorio.
La neve fresca che è caduta in queste ultime settimane è certamente una benedizione però, lo scioglimento del manto di neve recente apporta un contributo idrico inferiore rispetto ad un solido spessore di più strati consolidati. Questo perché il rilascio di acqua di uno spesso strato di firn avviene lentamente, permettendo al suolo di beneficiare della risorsa, mentre con lo scioglimento veloce della neve a bassa densità non vi è un assorbimento regolare.
Questo processo è importante, oltre che per le falde acquifere, per il sostentamento dell’eco-sistema dei nostri boschi, delle nostre aree protette, che hanno bisogno dell’usuale contributo nivometrico e/o pluviometrico per mantenere l’equilibrio naturale.
Essendo un abitante del basso Lazio non posso non aver osservato la condizione delle montagne che mi circondano ed i problemi che l’invernata trascorsa potrà generare a partire dai monti sin verso valle. Il luogo per eccellenza di questo territorio è senz’altro il Parco Nazionale d’Abruzzo, riserva naturale circondata da splendide vette ed ammantata da maestose faggete, tra le più belle dell’intero appennino.
Dai maggiori studi sull’ecologia del faggio è riscontrabile la grande adattabilità della specie, sviluppatasi in moltissime aree dell’Italia; pur prediligendo suoli di medio impasto, il faggio si adatta anche a suoli moderatamente acidi o sub-acidi (vedi appennino settentrionale), pietrosi, purché siano abbastanza umidi e senza ristagno.
Nell’appennino centro-meridionale la presenza di suoli a matrice carbonatica a reazione basica permette, grazie ad un ottimo drenaggio e brevi periodi di siccità, lo sviluppo di stupende faggete che trovano l’optimum vegetazionale tra i 900/1000m-1700/1800m, con clima di tipo oceanico.
In questa brevissima analisi sull’ecosistema di questa pianta arborea si evidenzia la necessità e l’importanza di un buon drenaggio e di un buon apporto idrico che in quest’inverno è sostanzialmente mancato sull’intera penisola.
Questi ed altri motivi debbono far riflettere molti di noi, in perenne attesa di giornate soleggiate con il pensiero alla bella stagione, nella speranza di prolungati periodi di bel tempo.
Come sempre, In medio stat virus.