Il tema di italiano presentato alla maturità studentesca offre molti spunti di riflessione, in quanto oramai anche gli eventi meteorologici estremi sembrano in costante aumento, così come i danni da esso provocati alle infrastrutture umane, ed il numero delle vittime.
In verità, l’aumento delle catastrofi naturali di origine meteorologica è una delle previste conseguenze dell’effetto serra, e questo incremento, certificato anche dalle compagnie di assicurazione contro la grandine ed altri eventi simili, ne dovrebbe essere un’importante conferma.
Qualche dubbio, tuttavia, ci giunge dal fatto che sono in aumento anche le catastrofi naturali di altro genere: eruzioni vulcaniche, maremoti e terremoti mietono vittime adesso come non mai, per cui è lecito pensare che l’ingombrante presenza umana in territori “a rischio” potrebbe esserne la sua causa principale.
Un esempio tipico è stato quello dello Tsunami indonesiano: nessuno può ovviamente accusare l’aumento della CO2 atmosferico di essere la causa principale di quel maremoto, dovuto ad un naturale scorrimento di faglie tettoniche.
Tuttavia, il grande numero di vittime è stato provocato da un cambiamento nell’utilizzo delle coste di quelle zone, una volta selvagge e coperte di foreste di mangrovie, in grado di attenuare la forza delle onde, mentre ora sono ultrapopolate ad uso turistico, disboscate, e con costruzioni fino in riva al mare.
Un tempo, memori di eventi simili passati, o di “onde di marea” causate dal passaggio di tifoni, nessuno costruiva in mezzo al mare, ed anche i villaggi dei pescatori sono sempre stati situati ad una certa distanza, o su vicine alture.
L’Indonesia è soggetta a grandi terremoti, ed eruzioni vulcaniche con grandi maremoti (il Krakatoa provocò uno Tsunami gigantesco, con onde alte 30 metri che spazzarono l’Isola di Giava).
Quindi, il grande numero di vittime dello scorso 26 dicembre, è stato provocato dalla “furia della Natura” o piuttosto dall’imprevidenza umana, visto che mancavano anche i più elementari mezzi di allerta su coste che restano comunque a rischio?
Lo stesso ragionamento si può fare anche per gli eventi di carattere meteorologico: il moltiplicarsi di costruzioni su territori a rischio di frane, alluvioni, mareggiate, non è forse un fattore di peggioramento di eventuali eventi atmosferici “estremi”?
L’Italia risulta un paese particolarmente a rischio per questo genere di eventi: ci sono sempre state precipitazioni definite “eccezionali”, con la formazione frequente, ogni anno, delle cosiddette “bombe mediterranee”, che prediligono i mari italiani per la loro formazione.
Ma di prevenzione contro gli eventi atmosferici se ne è sempre fatta molto poca, anzi, il moltiplicarsi delle infrastrutture umane, abitative ed industriali, nelle cosiddette “aree a rischio”, la mancata manutenzione dei corsi d’acqua, gli acquedotti antiquati che disperdono l’acqua, e l’abnorme crescita del suo uso a scopi agricoli ed industriali, esponendo così al pericolo della siccità, i “disboscamenti selvaggi”, tutto questo contribuisce ad incrementare enormemente quei danni dovuti agli eventi atmosferici “estremi” che invece, potrebbero essere limitati al minimo.
Insomma, prima di colpevolizzare il clima pazzo o l’effetto serra, dovremmo pensare a prendere in maggiore considerazione la probabilità di “eventi estremi”, soprattutto quando questi sono ricorrenti in una determinata zona, e programmare le infrastrutture territoriali in funzione di essi, e non in base a speculazioni edilizie od a tornaconti personali.