Vige ancora il mistero sull’accumulo di ossa umane presenti in uno sperduto lago dell’Himalaya, ad oltre 5000 metri di quota. Queste ossa sono state infatti rinvenute in un territorio da sempre completamente disabitato, circondato da solo dai ghiacciai e da spuntoni di roccia.
Ma in un passato piuttosto remoto sicuramente la situazione era differente. Queste ossa, che potrebbero appartenere ad almeno 500 persone, si pensava fossero da attribuite ad un esercito caduto in battaglia, poi si è ritenuto potessero essere le vittime di una violentissima grandinata.
Le credenze popolari ci hanno ricamato sopra, puntando il dito contro una divinità sterminatrice. L’unica certezza assoluta è che ancora oggi non si sa come siano finite le ossa in questo lago Roopkund, denominato anche il lago degli scheletri di Uttarkhand, territorio indiano.
Nessuno scheletro è stato mai trovato intatto, solo migliaia di ossa che puntualmente riemergono ogni estate, dopo lo scioglimento del ghiaccio. La scoperta venne fatta durante la Seconda Guerra Mondiale e da allora vennero avanzate varie ipotesi, oltre a successivi studi di diversi team di ricercatori.
Uno dei più recenti studi, pubblicato da poco su Nature Communications, ha datato e analizzato il Dna di 38 individui trovati a Roopkund. Questo studio ha effettivamente confermato che la maggior parte dei defunti siano morti circa mille anni fa, come già era emerso da precedenti ricerche legate alla tesi della grandinata.
Tuttavia, pare che alcune ossa appartengano a persone morte molto più recentemente, probabilmente all’inizio del 1800. Inoltre il loro corredo genetico parrebbe più simile a quello mediterraneo che del sud asiatico e questo alimenta ancor di più il mistero che rimane irrisolto.
A complicare la bontà delle ricerche di questi anni non può essere trascurato il fatto della perdita di importanti prove archeologiche, essendo una zona altamente frequentata dagli escursionisti. Inoltre non sono mancate frane ed eventi atmosferici estremi che hanno influito sui resti umani.