Il pericolo che si sta attualmente concretizzando per la Terra, a seguito della caduta incontrollata di un veicolo satellitare (lungo 35 anni) ormai da anni inutilizzato, potrebbe presentarsi con sempre maggiore frequenza nei prossimi anni. Non sono infatti pochi i satelliti che, una volta esaurito il loro compito, vengono lasciati al “loro destino” in orbita e talvolta sfuggono al controllo per via di collisioni con altri corpi o guasti di vario tipo. Questi satelliti non più utilizzati vanno ad aggiungersi a tutti quei “rifiuti” artificiali che galleggiano intorno alla Terra, anche se per la maggior parte si tratta di semplici detriti di dimensioni molto minute comprese fra 1 e 10 centimetri.
Secondo alcune fonti, sarebbero ormai qualche milione i detriti artificiali che orbitano intorno alla terra, una chiara conferma di come l’impatto dell’uomo e l’inquinamento non hanno molti freni nemmeno sullo Spazio. Solamente un migliaio di questi oggetti sarebbero operativi, mentre gli altri vengono chiamati detriti orbitali, in quanto ormai non più finalizzati ad uno scopo specifico. Per intenderci, nelle varie orbite galleggiano frammenti di vecchi razzi, pezzi di satelliti e nubi di particelle prodotte dalla distruzione degli stessi. La maggior parte di questi detriti si trova a quote comprese fra gli 800 e gli 850 chilometri d’altezza: la quantità di spazzatura ha raggiunto un livello tale da generare facilmente collisioni tra i frammenti, che così si moltiplicano aumentando ulteriormente il rischio di urti con satelliti, astronavi e con la stazione spaziale.
Più in alto si trovano e più a lungo i detriti orbitali rimangono in orbita attorno alla Terra. Per intenderci, per quel che riguarda tutti i detriti presenti a circa 800 km, spesso trascorrono decenni per il tempo di decadimento orbitale; sopra i 1.000 km, questi detriti rimangono in orbita per oltre un secolo I frammenti cadono sulla Terra ogni singolo giorno, anche se quasi tutti si disintegrano in atmosfera senza quindi generare rischi per la popolazione. Ripulire l’ambiente rimane una sfida tecnica ed economica importantissima.
A causa del crescente numero di oggetti nello spazio,* la NASA e la comunità aerospaziale internazionale hanno adottato linee guida e procedure di valutazione per ridurre il numero dei veicoli spaziali* non più operativi in orbita intorno alla Terra. Un metodo di smaltimento “postmission” è quello di permettere il rientro dei veicoli spaziali, sia dal naturale decadimento orbitale (incontrollata) o con eventuale messa sotto controllo. Il punto medio di rottura di un veicolo spaziale è fissato ad un’altezza media di 78 chilometri nell’atmosfera, ma satelliti di grandi dimensioni possono tuttavia disintegrarsi ad una quota più bassa.
Un modo per accelerare il decadimento orbitale è quello di abbassare la quota di perigeo, in modo da permettere che il veicolo spaziale entri nell’atmosfera della Terra più rapidamente. Tuttavia, in questi casi non può essere garantita la certezza che i detriti evitino di colpire zone abitate. L’andamento è invece diverso nei casi in cui l’oggetto è sotto controllo, con il veicolo che potrà immettere nell’atmosfera ad una più precisa latitudine e longitudine, così da fare in modo che la scia di detriti possa finire la sua corsa su una regione disabitata, in genere situata nell’Oceano. I componenti spaziali che hanno un punto basso di fusione (ad esempio, alluminio) scompaiono altitudini più elevate rispetto agli oggetti che sono fatti di materiali con punto di fusione più elevato (ad esempio, titanio, acciaio inossidabile, berillio, carbonio-carbonio), o se si tratta di oggetti chiusi all’interno di alloggiamenti. Ecco perché, fra i detriti che possono giungere con UARS, figurano soprattutto resti di berillio e di titanio.