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La nuova stagione invernale si avvicina a grandi passi. Ma quali potrebbero essere le evoluzioni plausibili?

di Ivan Gaddari
16 Nov 2004 - 14:39
in Senza categoria
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Un paesaggio imbiancato è in grado di suscitare in noi emozioni senza dubbio indescrivibili. Alle porte di una stagione spasmodicamente attesa non resta che armarsi di pazienza ed osservare quel che la natura ha deciso di riservarci.
Archiviato oramai l’ultimo weekend ed il tempo perturbato che ha interessato gran parte dello stivale, ci attendono dei giorni di “lecita” pausa dettati da un cuneo altopressorio azzorriano proteso fin verso il bacino centrale del Mediterraneo. Ma non paghi del freddo ritenuto spesso ancora non sufficiente (magari scordandosi di essere solamente a novembre) ci si affanna alla ricerca di mappe che nascondano i segnali della prossima quanto desiderata avvezione fredda. E non è un caso che nel periodo invernale aumenti notevolmente il numero di appassionati alla ricerca di un qualcosa che, per il nostro beneamato stivale, rappresenta certamente l’eccezione e non la regola.

E così, scrutando nell’imperscrutabile, ci si cimenta in un gioco che definire azzardato è dir poco. Chi ha familiarità con la materia avrà avuto la possibilità di imbattersi in previsioni stagionali molto spesso diametralmente opposte, in grado allo stesso tempo di esaltarci quanto demoralizzarci. Ma lo sappiamo, il bello della meteorologia risiede proprio nella ricerca di quelle emozioni che ritroviamo solo ogni qualvolta il colore blu in una carta sembra voler impossessarsi delle nostre regioni. Il presente editoriale non ha la pretesa né la parvenza di una previsione stagionale. Di tali ve ne sono già una moltitudine e certamente radicate in ricerche scientifiche ben più approfondite. Questa vorrebbe solamente essere una delle tante possibili linee di tendenza sulla base di un percorso storico nonché delle recenti evoluzioni che con costanza paiono ripetersi sullo scacchiere continentale. Pertanto, non ci sarà possibile sapere se tra uno, due o magari tre mesi, ci ritroveremo qui a parlare di ben altre situazioni dettate da dinamiche atmosferiche ad oggi non preventivabili.

Chi ha avuto la fortuna di vivere a cavallo tra gli anni 60 e gli anni 70 avrà memoria di autunni dalle peculiarità simili a quello che stiamo attualmente analizzando. Osservando le carte dell’epoca (sicuramente le rilevazioni non avevano la precisione odierna) è possibile ritrovare autunni nei quali a farla da padrone erano profondi scambi meridiani di calore tra i poli e l’equatore. E anche allora i principali protagonisti erano essenzialmente l’alta delle Azzorre e un attivissimo vortice polare. E come oggi, il vuoto lasciato dalla semipermanente d’Islanda veniva colmato dalle continue sortite verso nord dell’azzorriano il quale, con frequenza assai ricorrente, trovava la mano protesa del termico Groenlandese per uno stretto connubio. La nostra penisola pertanto veniva spesso a ritrovarsi o in condizioni di promontori anticiclonici o di anse depressionarie. Sia l’una che l’altra condizione all’interno del contesto ondulativo del getto polare alle medie latitudini.

Seguendo una logica cronologica, per poter avere un’idea concreta di cosa potremo attenderci nel prossimo futuro, occorre guardare ai mesi di dicembre, gennaio e febbraio. Mesi nei quali, dopo le premesse tardo autunnali, comparivano sulla scena europea (oltre alle sopra citate) altre due figure di importanza vitale per le sorti di un ottima stagione invernale. Ossia una figura di alta pressione termica scandinava (grazie al continuo raffreddamento operato in tali regioni dal vortice polare) e il tanto acclamato anticiclone russo-asiatico che con costanza estendeva la sua influenza verso ovest ben oltre gli Urali. La presenza di tante figure dalle caratteristiche simili (alte pressioni) portava a frequenti connubi che proiettavano l’Europa centrale e meridionale (Italia compresa) in gelidi scenari, dominati da depressioni a carattere freddo capaci di regalare memorabili nevicate che ai giorni nostri appaiono come miraggi nel deserto.

E se è vero che l’autunno corrente ha manifestato caratteristiche del tutto simili, occorrerà attendere poco tempo per essere in grado di stabilire, seppure mai con certezza, se anche la prossima stagione invernale potrà essere archiviata negli annali della meteorologia come naturale prosecuzione di un autunno dalle premesse alquanto interessanti. Pertanto non abbattiamoci se i modelli, nelle loro proiezioni a lungo raggio, non saranno in grado di soddisfare dei progetti non riscontrabili nelle nostre visioni frenetiche di una stagione ancora agli albori.

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