Giugno, luglio, agosto. 3 mesi, o quasi, durante i quali s’è parlato assiduamente di condizioni meteo climatiche estreme. Soprattutto s’è scritto del caldo, che si è abbattuto con furia per 7 volte.
L’ultima, rigorosamente in ordine cronologico, si sta per realizzare e rischia di avere connotati d’eccezionalità. L’estate è ai titoli di coda e certi valori – localmente potrebbero subentrare massime prossime ai 40°C – esulano da quella che anche nel gergo meteo climatico è definibile normalità.
Concetto di normalità che, lo si è scritto più e più volte, andrebbe rivisitato. Al di là di tutto quel che resta, che resterà di quest’estate e l’indelebile marchio africano. I sette ceffoni sono stati intervallati da fresche incursioni atlantiche, ma chi sperava in cambiamenti sostanziali è rimasto deluso.
Qualcuno potrebbe rimproverarci per l’utilizzo smodato del “meteo estremo”. Ma qualora non bastasse quanto accaduto alle nostre latitudini, basterebbe farsi “un giro” in Europa. Europa che ha vissuto una stagione temporalesca incredibile: temporali cattivi, cattivissimi, capaci di generare nubifragi e devastanti grandinate. Poi c’è stato il caldo, certamente, e gli incendi (altra nota dolente).
Basta tutto ciò per poter parlare di meteo estremo? A nostro avviso si. Anche perché chi fa il nostro lavoro, da anni, ha ben chiaro quel che dovrebbe essere l’andamento “normale” dell’estate. Ve lo assicuriamo, non è quel che sta avvenendo negli ultimi 15 anni.