Abbiamo spesso discusso, in questo contesto, circa le modalità e le equazioni lineari riferite ad una rappresentazione algoritmica “chiusa” con 2 o 3 variabili in fase di emissione.
Pur nella perfetta economicità di tali rappresentazione numeriche, ridotte e compresse, attraverso “out puts” di carattere estremamente lineare, rimane sempre in essere l’estrema e costante imprevedibilità atmosferica.
Tutti i dati che confluiscono negli elaboratori più importanti, non riescono a superare la fase di “empasse” che la natura, svincolata da leggi esatte, mostra sovente, nella sua più piena impossibilità di essere classificata e ridotta in equazioni.
Pertanto nasce “la veglia previsionale”, da molti definita come “terrore previsionale”. Essa nella sua sostanza è l’espressione più ampia di quanto l’atmosfera ricondizionata attraverso parametri numerici, si mostri, in molti casi, imprevedibile.
Sono state ridotte in maniera infinitesimale le griglie sulle quale operare, risoluzioni altissime di un modello matematico; ma nonostante ciò veniamo spesso colti da improvvisi e non previsti mutamenti che l’elaboratore non è stato in grado di rintracciare e di conseguenza correggere.
Le leggi fisiche cui il nostro “involucro gassoso” risponde, non sono sempre imputabili ad una visione reale.
Sarebbe come dire: se la normale evoluzione di qualsiasi specie, vegetale o animale che sia, nel suo processo evolutivo richiede “x” anni, l’atmosfera ne necessita di ” X per 1.000“.
Quindi conosciamo il primo processo che gli antropologi hanno ricostruito in maniera del tutto scientifica, ma non sappiamo, nella realtà dei fatti, come si è evoluta l’atmosfera nel corso dei millenni.
Le interferenze, che possono essere ricondotte alle esplosioni vulcaniche, terremoti, ere glaciali più o meno lunghe, ecc.. ec…, ci mostrano un “estratto” le cui componenti, trasferite in un corpo aereo (atmosfera) non risultano essere perfettamente riassumibili.
Le lacerazioni dell’apparato che ci sovrasta, a tutt’oggi, non sono del tutto visibili e riconducibili alla casistica numerica.
Pertanto, l’interprete della natura celeste, si trova spesso davanti a decisioni, bivi, di una difficoltà incredibile. Difficoltà che è riconducibile alla mancanza di più di un 1/3 in rapporto alla quantità totale dei dati conosciuti.
Se un qualsiasi elemento, di proporzioni infinitamente ridotte, piomba nella libera atmosfera, questi causa un “panico” previsionale.
L’uomo ha costruito dei “mostri evolutivi” che rasentano la perfezione numerica, ma non riesce, terrore previsionale, ad intercettare questi “insetti minuscoli”.
Una previsione fallisce anche per l’eccessiva confidenza numerica per la quale viene generata.
Stiamo parlando di una delle scienze la cui radice sembra essere quella latina del “conoscere/sapere”, ma la cui risultanza non è classificabile tra le più esatte.
Fare, prevedere, iperscrutare, visionare, anticipare eventi futuri tramite rappresentazioni “simulate” sembra presentare delle difficoltà non assolutamente “plasmabili”.
La paura, terrore, di sbagliare, in questo campo e soprattutto per i mezzi a disposizione, può essere solo paragonabile alla “paura del buio”.
Non giudicate mai male chi, nello sforzo intellettuale cerca di anticipare eventi, ma analizzate le enormi difficoltà cui, quella persona, si trova durante il suo “cammino” interpretativo. L’uomo ha costruito cattedrali di cristallo, ma queste, pur nella loro perfetta struttura architettonica, per odio, rancore e divisioni religiose e culturali (solo punti di vista), sono crollate.
La foto è del sottoscritto, 3 giorni prima che quell’incanto fosse ridotto in polvere. Mi presento… sono io! Io come voi e con la stessa identica passione.