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Il Sole è tornato spotless

di Stefano Di Battista
22 Ago 2010 - 08:37
in Senza categoria
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Immagine fonte NASA
Dopo oltre due mesi (l’ultima volta era accaduto il 16 giugno) le macchie sono scomparse dalla superficie dell’astro: è cronaca del 21 agosto. Il ciclo solare 24, iniziato nel dicembre 2008, ha mostrato finora un’ascesa dell’attività piuttosto rallentata, come predetto dai centri di osservazione mondiale. Una proiezione, quella relativa al ciclo attuale, che fino a 4/5 anni fa era definita ‘esplosiva’: si pensava che il Sole avrebbe dato luogo a un’attività magnetica di forza straordinaria, con inevitabili riflessi sulle telecomunicazioni, e forse anche sul clima terrestre. Poi, con una progressione del minimo undecennale oltre ogni attesa, la fisionomia del ciclo 24 ha diametralmente mutato segno, tant’è che sempre più si parla d’una fase di quiescenza che potrebbe arrivare al 2030 e forse più in là. Il massimo, definito dallo Smoothed sunspot number, ovvero dalla doppia media annuale del conteggio mensile delle macchie, dovrebbe cadere nel 2013 attorno a quota 85/90: un livello che non ha riscontro negli ultimi ottant’anni, essendosi sempre collocato sopra quota 100.

A dimostrazione della pausa intervenuta in questi giorni c’è anche la velocità del vento solare che, sempre il 21 agosto, è scesa a circa 280 km/s con punte addirittura inferiori. Va in proposito ricordato che una delle teorie riguardanti le connessioni fra attività solare e clima terrestre poggia proprio sulla forza del vento: immaginato come una sorta di scudo rispetto alla radiazione cosmica, ne limiterebbe l’influenza e dunque la capacità di dare origine a formazioni nuvolose che riflettono la radiazione solare; ma se il vento solare s’indebolisce, la radiazione cosmica può penetrare con più facilità nell’atmosfera terrestre, facendo da presupposto a un raffreddamento del clima; e dato poi che tale debolezza si accompagna, di norma, a una minore attività magnetica, anche l’energia che raggiunge la Terra diminuirebbe. Teorie, è bene ripetere, la cui validità è in corso di verifica attraverso complicati esperimenti al CERN di Ginevra, ma che potrà trovare fondamento negli anni a venire se i cicli undecennali dovessero davvero mostrare massimi scarsamente pronunciati.

Al momento la transizione del ciclo 23/24, giunta ormai al settimo anno (il primo giorno senza macchie risale al 27 gennaio 2004), si pone al quarto posto fra quelle storicamente documentate:
cicli 11/12 1.028 giorni (1873-’83)
cicli 14/15 1.019 giorni (1908-’16)
cicli 13/14 938 giorni (1895-1906)
cicli 23/24 803 giorni (al 21 agosto 2010)

Era dalla transizione fra i cicli 15/16 (1920-’26) che gli spotless days non venivano registrati per un periodo di tempo così prolungato, il che depone a favore dell’anomalia del ciclo 24 rispetto all’andamento dell’ultimo secolo; il che non vuol significare che quello in corso sia un evento eccezionale poiché, ampliando l’orizzonte temporale, si rinvengono fasi di quiescenza ben più profonde. Il confronto col passato è reso possibile grazie al SIDC (Solar Influences Data Analysis Center), garante della continuità nei metodi di conteggio delle macchie (in pratica, le osservazioni vengono riclassificate come se avvenissero con telescopi del XIX secolo): un aspetto di non secondaria importanza questo, se si tiene conto delle critiche di certi settori dell’opinione pubblica, secondo cui sarebbe in atto una sorta di complotto mondiale (non si capisce a che pro) per mascherare una debolezza solare più accentuata di quella reale. È quindi il caso di chiudere con una citazione da ‘Paradiso perduto’, di Henry Miller: «Qualsiasi definizione formuliamo, è giusta e sbagliata allo stesso tempo. E, qualsiasi cosa pensiamo dell’universo, non l’altera in nessun modo». Alla fine cioè, Sole e clima faranno quel che gli pare: checché teorizziamo noi.

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