Gli anticicloni africani, quando invadono la nostra Penisola portano alle alte quote atmosferiche masse di aria molto calda, che possono davvero compromettere il manto nevoso, provocandone un rapido scioglimento. Ma non è detto che debba sempre essere così.
Se l’aria in quota oltre che calda risulta molto secca – è il caso dell’evento di questi giorni, con umidità misurata dai radiosondaggi del 15/20% – la neve tende a sublimare, passando direttamente dallo stato solido a quello di vapore acqueo.
Ma questo processo richiede, a sua volta, notevoli quantità di calore, che vengono sottratte agli strati d’aria sovrastanti la neve stessa.
Il fatto determina un crollo della temperatura su valori attorno allo zero, dovuto alla sublimazione, proprio al di sopra della neve, fatto che ne limita di molto la fusione e lo scioglimento.
L’aria secca, allora, non ha lo stesso effetto dell’aria primaverile calda ed umida.
Occorre anche tenere conto della estensione del manto bianco, che funge da “effetto albedo”, respingendo in gran parte la radiazione solare, che, ai primi di febbraio, è ancora piuttosto debole, e non ha certo i valori della piena Primavera.
Sono questi i motivi per i quali il manto nevoso può reggere meglio all’assalto “africano” durante l’Inverno, rispetto a quanto non riesca a fare in Primavera inoltrata.
C’è inoltre un problema che può interessare le strade di montagna nei giorni di disgelo improvviso, che è sottovalutato rispetto al problema valanghivo.
L’aumento delle temperature in quota, infatti, dopo lunghe giornate di gelo, può “liberare” quelle scariche di sassi che erano state trattenute dal ghiaccio e dalla neve, e che lo stesso ghiaccio ha contribuito a creare spezzando i massi in frammenti più piccoli.
Tali scariche possono cadere all’improvviso sulle strade di montagna, per cui occorre prestare la massima attenzione mentre si guida, onde evitare incidenti.