Se in Italia la stagione estiva appena passata è trascorsa senza eccessi, con periodi caldi alternati ad altri più freschi, a livello globale, secondo i dati diffusi dal NCDC, costola del NOAA, il Global Warming sembra non lasciare tregua: l’estate 2005 è stata la seconda più calda da quando si registrano i dati (1880).
Colpisce il fatto che, riferendoci ai continenti, in nessuna parte del globo si siano misurate anomalie negative, soltanto anomalie positive più o meno eclatanti. Solo estendendo l’analisi agli oceani si notano contenute anomalie negative nelle zone più meridionali degli oceani dell’emisfero australe.
Il trimestre dell’estate boreale è stato mediamente 0.6°C più caldo rispetto alla norma del periodo base 1961/90, 0.95° superiore alla norma se si considerano solo le terre emerse, settore che d’ora in avanti prenderemo in considerazione in questo articolo.
Canada ed USA orientali, Groenlandia, Penisola Iberica, Russia, Cina, Medio Oriente, Australia orientale, Sud Africa, Marocco ed Algeria, Uruguay e Brasile meridionale, queste le zone del pianeta maggiormente interessate da temperature sopra la media.
Se a livello globale il trimestre Giugno-Agosto 2005 è stato “solo” il secondo più caldo dopo quello del 1998, nell’emisfero boreale con un’anomalia rispetto alla media 61/90 di +1.0°C è stato il più caldo in assoluto.
Anche l’anno 2005 nel suo complesso è finora il secondo più caldo dal 1880, preceduto soltanto dal 1998, anno che ricordiamo fu caratterizzato da un potentissimo Niño, evento che non si è verificato quest’anno.
Analizzando i dati della NASA basati sul GHCN (Global History Climate Network), scopriamo che sulla base della media climatologica del periodo 1951/80, è dal novembre 1992 che non si registra a livello globale un mese con anomalia termica negativa.
Stando ai dati diffusi tramite il NOAA, derivati da migliaia di stazioni meteorologiche poste in ogni parte del globo, anche se con una distribuzione non omogenea, sembra che il Global Warming sia affare “soprattutto” degli ultimi 15 anni ed abbia subito un’impressionante accelerazione dalla fine degli anni ’90 in poi.
Se possono essere contestati i confronti climatici con anni remoti come quelli di inizio ‘900, quando la rete di stazioni meteo era, sia per quanto riguarda la distribuzione, sia per quanto riguarda la strumentazione, radicalmente differente dall’attuale e l’influenza delle isole di calore urbane molto più ridotta, risulta più difficile contestare i confronti con gli ultimi 30 anni, anni in cui si sono diffusi gli strumenti di rilevazione meteo un po’ in tutto il globo. L’archivio del NOAA risulta infatti via via più ricco di dati e località a partire dal 1973 e sostanzialmente completo a partire dal 1982.
Anche le rilevazioni da satellite della temperatura nella bassa troposfera pongono il trimestre in analisi tra i più caldi degli ultimi 25 anni (tali rilevazioni iniziano dal dicembre 1978), esattamente al terzo posto se si considerano i dati post-elaborati dall’università di Washington, tesi ad eliminare un errore sistematico recentemente scoperto che porta ad una sottostima dei valori termici.
Analizziamo infine brevemente il trimestre dell’estate boreale dal punto di vista delle precipitazioni, che sono state molto abbondanti in alcune zone e deficitarie in altre.
Un dato eclatante riguarda la metropoli indiana di Mumbay (ex Bombay), che il 26 luglio ha ricevuto ben 940 mm di pioggia in 24 ore. Nelle regioni occidentali dell’India, le alluvioni hanno causato ben 1000 vittime e gravi perdite anche tra il bestiame e nel settore agricolo.
Gravi inondazioni si sono verificate anche in Europa, specie in Bulgaria e Romania, ma anche in Svizzera, Austria e Ungheria, e in Africa, specie in Sudan ed Etiopia.
Precipitazioni molto sottomedia invece nelle nazioni che si affacciano sul Golfo di Guinea (Africa), nell’India orientale, nel Giappone meridionale, nella zona dei Grandi Laghi americani e nell’Europa sud-occidentale, dove è stata particolarmente grave in Portogallo in quanto vi si protrae ormai da molti mesi.
Le analisi mensili o trimestrali del NOAA sembrano dunque non lasciare dubbi, il mondo si sta scaldando ad una velocità sempre maggiore. Ma dovremmo essere cauti sugli sviluppi climatici futuri. Recentemente si sono sviluppate forti polemiche sul lavoro svolto da un gruppo di scienziati dell’IPCC – l’ente delle Nazioni Unite che studia i cambiamenti climatici – i quali nelle loro ricerche potrebbero aver utilizzato metodi statistici di dubbia validità, da cui potrebbero essere derivate sovrastime sul contributo antropico all’effetto serra.
Fare luce sul lavoro dell’IPCC è doveroso, non vorremmo però che tali polemiche venissero prese a pretesto per non fare nulla per la salute del nostro pianeta. Bruciare combustili fossili, per quanto ancora non si conosca “esattamente” quanto influisca sull’incremento dell’effetto serra, è pur sempre dannoso per la salute di tutti noi.