La primavera, secondo lo schema meteorologico classico, dovrebbe essere una stagione di transizione tra l’inverno e l’estate, traghettando in un lungo letargo l’inverno e destando dolcemente il caldo abbraccio estivo.
A causa del GW (global warming) ci ritroviamo a subire delle alterazioni climatiche notevoli le quali, oltre che provocare un stato di caos atmosferico, rendono di difficile comprensione l’analisi e lo studio degli indici e delle carte sinottiche.
La chiave evolutiva della stagione primaverile, secondo questi parametri, sembra di facile lettura, ovvero orientata costantemente verso una fase calda; in effetti, osservando i dati degli ultimi 50 giorni, il trend è globalmente positivo e l’assenza di pioggia rafforza la presenza di una bolla alto-pressoria di matrice africana.
In realtà, chi si cimenta in una previsione nel medio-lungo termine, affronta una serie di ostacoli che, seppur sempre presenti in questa scienza, vengono aumentati esponenzialmente dagli stravolgimenti climatici.
Il futuro di questa stagione primaverile potrebbe sembrare delineato in virtù del fatto che ci avviciniamo al passaggio di consegne con la nuova stagione; in realtà, sebbene stiamo lasciando alle spalle il periodo più piovoso e fresco, si osservano costantemente buoni segnali di cambiamento che, tornando al discorso della difficoltà di analisi, vengono assiduamente relazionati e contrapposti alle anomalie pressorie evidenti nel bacino mediterraneo.
Come descritto nel precedente editoriale, la bassa stratosfera sta diminuendo l’attività con buone ripercussioni troposferiche; il rallentamento dello onde del VP (vortice polare) genera una maggior probabilità di ripercussioni barocline meridiane anche se, fisiologicamente, le azione nord-sud delle perturbazioni frenano vistosamente con il passaggio di consegne dall’inverno alla primavera.
Si potrebbe uscire da una impostazione semi-zonale (che sta generando solo qualche cut-off) con annesse perturbazioni e termiche più consone alla media del periodo.
La tendenza stratosferica-troposferica sta continuando a mantenere i connotati osservati durante l’Inverno, ovvero grande attività e vivacità, accompagnata però da una condizione teleconnetiva nefasta per l’Europa. L’east atlantic pattern (EA) è rimasto intensamente positivo ed ovviamente anche l’AMO; questa condizione del ramo atlantico è stata rafforzata da una costante azione dell’ENSO in fase Nino e di una PDO+.
L’EA essendo un dipolo nord-sud che comprende i centri di anomalia dell’Atlantico da est ad ovest, passando dall’Atlantico del Nord (AMO) sino alle variazioni pressorie impresse dalle fluttuazioni sub-tropicali, in costante fase positiva inibisce il dinamismo meteo-climatico a vantaggio di una fase calda, sopra media, in Europa; la condizione dell’EA è stata favorita anche dal tripolo Nord Atlantico ed una NAO+; quest’ultima condizione ha impedito la formazione di pattern anticiclonici che potessero mutare moderatamente lo scenario, favorendo un EA/WR+ e una influenza africana notevole, per altro dovuta principalmente al costante innalzamento dell’ITCZ.
Se a questo quadro complesso aggiungiamo le problematiche del Global Warming, ecco che viene fuori un quadro meteorologico stravolto, di difficile comprensione, proprio perché i dati disponibili sono alterati da una condizione climatica irregolare che rende il futuro in una permanente condizione di “prognosi riservata”.
Possiamo asserire che, nel lungo termine, ci sarà un tentativo di obbligare il promontorio alto-pressorio ad una virata o ritirata in favore di onde barocline pronunciate, ovvero delle perturbazioni vere e proprie, diverse dalle piogge temporalesche locali avute in questi giorni.
Ovviamente dietro ad una prominente azione meridiana si può sempre scorgere una risposta uguale e contraria; basterà un lieve mutamento dell’asse di saccatura per favorire una nuova folata sub-tropicale.