E’un paese molto vasto l’Indonesia, immenso arcipelago che divide l’Oceano Indiano dal Pacifico, in cui spiccano le grande isole di Giava, Sumatra, Sulawesi (o Celebes), ma anche Borneo e Nuova Guinea, che non le appartengono però in esclusiva, essendo indonesiani solo il centro-sud della prima e la parte ovest della seconda.
Malgrado la vastità della superficie occupata, e ancor più quella dell’area geografica su cui si sparpagliano le isole, tutto il paese è ampiamente compreso nella fascia intertropicale, essendo interamente compreso tra 10,5°S e 6°N. La posizione a cavallo dell’Equatore e l’ampia disponibilità di umidità fornita dai mari caldi che circondano le isole dell’arcipelago rendono conto di un clima in prevalenza di tipo equatoriale, ovvero tropicale senza stagione secca e con precipitazioni abbondanti. Il regime delle piogge non è però lo stesso in tutto il paese, essendo fortemente influenzato da 3 fattori: orografico, astronomico (posizione del sole) e climatologico (monsoni).
Tutto il sudest asiatico ha il clima fortemente dipendente dalla circolazione dei monsoni, collegati rispettivamente alla bassa pressione termica che si forma nei mesi caldi sulle steppe dell’Asia centrale (monsone estivo) e all’alta, sempre termica, che troviamo nei mesi freddi sulla Siberia, spesso anche su Mongolia e Manciuria (monsone invernale). Il monsone estivo per eccellenza è quello indiano di SW, ma allargandoci a tutto il continente i venti monsonici estivi sono quelli che vengono richiamati dalla bassa pressione verso l’interno del continente, trasportando masse d’aria calda e umida che originano piogge copiose un po’ su tutto il sudest asiatico, che diventano torrenziali quando le masse d’aria impattano contro catene montuose (Ghati, Megalaya, Himalaya, Cardamoni etc.). Sulla parte orientale del continente, verso il Pacifico, il monsone estivo diventa da SE ed è il responsabile delle forti piogge estive sulle isole meridionali giapponesi. Anche sull’Indonesia nei mesi dell’estate boreale i venti prevalenti sono meridionali (SW sulle isole occidentali, SE su quelle orientali) e le piogge sono copiose soprattutto sui versanti meridionali delle catene montuose e in particolare a nord dell’Equatore, mentre i versanti settentrionali ricevono poca pioggia sulle isole a sud dell’Equatore, un po’ di più su quelle a nord, dove l’attività convettiva è favorita dalle temperature più elevate, sia sul mare che sulla terraferma. La parte orientale di Giava, le isole minori a est di Giava, le Molucche meridionali e il sud della Nuova Guinea sperimentano nell’inverno australe, salvo dove il rilievo causa effetto stau, una vera e propria stagione secca, seppure breve.
Il periodo da metà settembre a metà novembre circa si configura come una stagione intermonsonica, con piogge copiose ovunque ma più uniformemente distribuite, essendo predominante la componente astronomica (passaggio del sole allo zenit all’Equatore il 21 settembre, qualche giorno prima a nord, qualche giorno dopo a sud) su quella orografica, non essendovi prevalenza di alcun vento particolare in questo periodo. I rilievi ovviamente favoriscono sempre l’attività convettiva, ma manca la differenza tra gli opposti versanti, ovvero l’effetto stau. Le zone lontane dai rilievi spesso, soprattutto quelle più vicine all’Equatore, hanno in ottobre/novembre un picco zenitale precipitativo che supera quello più prettamente monsonico.
A novembre inizia a spirare, a partire dalle isole più settentrionali, il monsone di NE tipico dell’inverno boreale, che è il vento prevalente sull’arcipelago nel periodo dicembre-febbraio, con le sue varianti locali, come il barat dell’isola di Sulawesi, vento nordoccidentale che altro non è che il monsone deviato. Soprattutto all’inizio dell’inverno boreale il monsone di NE, pur in origine secco, giunge sull’Indonesia riscaldato e ampiamente umidificato dal passaggio sui caldi mari tropicali e ne risultano precipitazioni copiose sui versanti settentrionali, con massimo in genere tra dicembre e gennaio, mentre i versanti meridionali rimangono in ombra pluviometrica e il monsone vi si presenta come vento caldo per effetto favonico. Febbraio segue la stessa falsariga, con piovosità però in calo per la minor temperatura dei mari, sulle isole più settentrionali.
Il periodo marzo-aprile è il secondo periodo intermonsonico e assomiglia come caratteristiche generali a quello settembre-ottobre. Il passaggio zenitale è il 21 marzo all’Equatore, qualche giorno prima sulle isole meridionali, qualche giorno dopo su quelle settentrionali. Il massimo pluviometrico zenitale ancora una volta si evidenzia nelle zone dove manca l’effetto stau, quelle quindi lontano dai rilievi, e segue, con un ritardo di una quindicina di giorni, lo spostamento del sole allo zenit, cadendo quindi in marzo/aprile a sud dell’Equatore, in aprile/maggio su quelle settentrionali.
La piovosità annua sulla maggior parte del paese è compresa tra 1800 e 3000 mm, con solo il SW della Nuova Guinea, qualche lembo delle isole più meridionali e una piccola regione nel NW di Sumatra sotto i 1800. I 3000 mm sono invece superati nel sud di Sumatra, con il rilievo a ridosso della costa, in buona parte del Borneo indonesiano (fa eccezione la costa est), nel sud di Sulawesi e a ridosso dei rilievi della Nuova Guinea (su entrambi i versanti, che si differenziano però per il periodo più piovoso). Abbiamo parlato di quanto piove, sul “come” vale la consueta regola delle regioni tropicali. Le precipitazioni sono per lo più in forma di violenti acquazzoni pomeridiani, accompagnati da temporali, seguiti in serata da ampi rasserenamenti, con albe brumose, mattinate solatie e appena più asciutte (l’umidità relativa è in genere molto alta), con formazione dei primi cumuli intorno al mezzogiorno. Più persistente la nuvolosità sui rilievi, spesso avvolti dalle nebbie, tanto che mentre in pianura prospera la foresta equatoriale, nella media montagna (1500-2000 metri) la vegetazione prevalente è quella della foresta nebulare, tipica appunto di climi più freschi, per l’altitudine, e meno soleggiati.
Del campo termico c’è poco da dire: la temperatura media è sui 26°/27° al livello del mare, 1°-2° in meno in inverno nelle isole più lontane dall’Equatore (quindi a periodi invertiti tra quelle settentrionali e quelle meridionali), qualche decimo in più in corrispondenza dei passaggi zenitali. Lievi scostamenti positivi da questi valori, dove presenti, sono in genere dovuti a locali effetti favonici.
L’analisi di alcune località indonesiane per meglio capire le differenze da zona a zona la iniziamo da ovest, cioè da Sumatra.
Banda Aceh (5,5°N), all’estremità nordovest dell’isola, riceve 1608 mm/anno con massimo da ottobre a dicembre (sia per motivi zenitali che per il monsone di NE), con 177, 186 e 205 mm/anno, e massimo secondario zenitale in maggio con 149 mm. Piove meno in inverno (febbraio 93 mm, marzo 101) ed estate (giugno 84 mm, luglio 91). Molto più piovosa Padang (0,9°S), nel sud di Sumatra, esposta al monsone di SW avendo alti rilievi a nord e con evidenti picchi zenitali. Vi cadono ben 4301 mm/anno, con febbraio mese meno umido (comunque ben 252 mm), ottobre, novembre e dicembre mesi più piovosi (494, 509 e 461 mm), picco zenitale secondario in aprile (378 mm), piogge copiose anche in luglio/agosto (273 e 327 mm). Temperature: minime oscillazioni dai 25,9° di ottobre e novembre ai 26,7° di maggio (26,3° la media annua).
Medan (3,6°N), nel settore NE di Sumatra, vede meno piogge invernali in quanto in relativa ombra pluviometrica dal monsone di NE, ad opera della dirimpettaia penisola di Malacca. Abbiamo 2069 mm/anno, con minimo in febbraio/marzo (85 e 104 mm), massimo zenitale in ottobre/novembre (272 e 244 mm), picco zenitale secondario in maggio (181 mm). Temperature che variano da 25,5° in gennaio a 26,9° in maggio e giugno (media annua 26,2°).
Proseguiremo il nostro giro nell’arcipelago nella seconda parte, ripartendo dalla capitale Jakarta.