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Gli strumenti per le rilevazioni meteo: parte 2 – l’anemoscopio, l’anemometro e l’anemografo

di Bruno Gabetti
06 Ott 2004 - 10:11
in Senza categoria
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Anemometro e anemoscopio progettato da Leonardo da Vinci: la banderuola segna la direzione del vento, la lamella verticale che si muove lungo il supporto graduato indica la velocità (www.museoscienza.org).
Da sempre il vento, la forza che non si vede, ha un forte ruolo simbolico per l’uomo: nella simbologia biblica il vento rappresenta lo Spirito Santo (si pensi al “Vento di Pentecoste” o al Vento che ha seguito la morte di Cristo in croce); in talune culture esiste la tradizione dell'”anemomanzia”, cioè una forma di divinazione attraverso la quale si cerca di interpretare il futuro “leggendo” i movimenti delle foglie e dei rami provocati dal vento.

Perché anemometro, anemoscopio, anemografo? Perché in greco anemos (¥nemoj) significa vento e, aggiungendo i tre suffissi (sempre di origine greca), si trova “misurare il vento” (anemometro – misura la velocità del vento), “guardare il vento” (anemoscopio – determina la direzione del vento) e “scrivere il vento” (anemografo – registra in forma scritta le informazioni sulla direzione e sulla velocità del vento).

Ma, da quando gli uomini hanno cominciato a coltivare la terra e a viaggiare per mare, oltre al suo fascino intrinseco, il vento è diventato anche oggetto di studio scientifico: il grande Leonardo da Vinci aveva già progettato sia un anemoscopio (per determinare la direzione del vento) e sia un anemometro (per calcolarne la velocità): nel primo caso si trattava di un oggetto molto simile alle attuali banderuole; nel secondo caso, di una lamina fissata dall’estremità superiore e libera a quella inferiore che sfiorava un’asta di legno graduata, in base all’intensità del vento.

Ma, a mio parere, uno dei più grandi studiosi dell’anemometro è stato il fisico napoletano Luigi Palmieri che, nella seconda metà dell’ottocento, oltre a vari altri strumenti, ha inventato un anemometro a mercurio e un anemografo: nel primo caso, si trattava di uno strumento in cui le coppette messe in moto dal vento comprimevano una camera d’aria la quale, a sua volta, faceva salire o scendere la colonnina di mercurio; lo strumento, un po’ complesso, era però scientificamente corretto in quanto, applicando varie formule fisiche, si riusciva a stabilire una relazione matematica tra la velocità del vento e la posizione della colonnina di mercurio.

Ancora più ingegnoso è l’anemografo di Palmieri: le coppette in rotazione erano collegate a una vera e propria macchina scrivente alimentata elettricamente da un circuito a pile; la macchina era composta da quattro matite: a seconda della direzione del vento (grazie a quattro calamite), un supporto metteva in azione la matita giusta, e i movimenti della matita dipendevano dalla velocità: lo strumento di Palmieri scriveva, con le sue matite, la direzione del vento e la sua velocità: un vero precursore delle moderne stazioni meteo elettroniche.

Oggi si trovano sul mercato anemometri elettronici a prezzi contenuti; gli appassionati che vogliano costruirsene uno in modo più semplice rispetto agli strumenti di Palmieri possono seguire i seguenti suggerimenti che scrivo in forma molto sintetica, per lasciare spazio alla creatività di ciascuno:

1) Anemometro artigianale integrato con ciclo-computer (prerequisiti tecnici: nessuno, solo buona volontà).
Procurarsi due asticelle e quattro coppette vuote di qualunque materiale rigido (anche i piccoli contenitori di plastica che contengono le sorpresine degli svetti Kinder!), un’antenna di radio portatile, una manichetta o bandierina, un supporto più robusto (per esempio un’asta rigida o un palo) e un ciclo-computer (lo strumentino elettronico che, collegato alla ruota della bicicletta, misurare la strada percorsa, la velocità, ecc.). Scegliere il luogo giusto all’aperto e montare l’anemometro, fissando le coppette alle asticelle, poi all’antenna e, infine, collegando quest’ultima con il ciclo-computer. Fissare al supporto (palo) la bandierina o manichetta (che saranno l’anemoscopio). Ricordarsi di tarare il ciclo-computer (bisogna fare la proporzione tra il raggio della ruota di bicicletta su cui era montato e il raggio della traiettoria percorsa dalle coppette che, ricordo, devono essere orientate tutte dalla stessa parte).
Per sicurezza, si può tarare il ciclo-computer con un anemometro funzionante.
Alla fine, se tutto funziona, sarà possibile, in qualunque momento, leggere la velocità del vento sul display del ciclo-computer e osservarne la direzione guardando la bandierina o la manichetta.

2) Anemometro elettronico (prerequisiti tecnici: possedere competenze di base di elettrotecnica ed elettronica)
Per la parte meccanica possono andar bene i suggerimenti del punto precedente, tranne il ciclo-computer, che non bisogna mettere. Prima di fissare tutto sul supporto, ricordarsi la taratura (vedi più avanti, nel medesimo punto).
Per la parte elettronica, costruire un circuito elettrico con un led che rilevi la rotazione delle coppette e la trasformi in impulsi elettrici. Tali impulsi elettrici dovranno essere misurati da un apposito strumento (milli-amperometro o multimetro) e il risultato dovrà comparire su un display costituto da una striscia graduata e da una lancetta. Per quanto riguarda la taratura, il metodo più semplice è viaggiare in auto (guidata da un’altra persona!) in un giorno senza vento, mettere l’anemometro fuori dal finestrino e tararlo mentre l’auto viaggia a 36 km orari (cioè 10 metri al secondo).

3) Anemografo: è consigliabile acquistare una stazione meteo, anche se gli appassionati di elettronica possono provare tranquillamente a costruirlo in proprio.

4) Anemoscopio, ovvero le famose banderuole che vediamo sui tetti delle nostre città: non mi
soffermo sull’analisi tecnica (è davvero banale), ma mi impegno a tornare sull’argomento dal punto di vista artistico, perché ne vale davvero la pena. Intanto, cominciate ad alzare gli occhi e a guardare, nel vostro paese e nella vostra città, le banderuole sugli edifici, sulle chiese, ecc.; forse scoprirete delle vere e proprie opere d’arte che non avevate mai notato!

Un ultimo avviso, anche se può sembrare banale: anche gli anemometri e gli anemoscopi, come abbiamo visto per i pluviometri, devono essere collocati in un luogo opportuno: possibilmente in uno spazio aperto, lontano da edifici, alberi o qualunque altra struttura che possa creare interferenze.
Nel caso dell’anemometro in versione elettronica, occorre fare attenzione anche ad eventuali interferenze elettromagnetiche, quindi non bisogna mai collocarlo vicino ad antenne, ripetitori, e altre fonti di emissione di onde elettromagnetiche.

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