Per eventi meteorologici estremi si intendono piogge torrenziali, gelo, ma anche caldo anomalo persistente e siccità. Eventi capaci di rinnovare record che duravano da anni, addirittura decenni. Qualcosa che ultimamente sta accadendo sempre più spesso, a tutte le latitudini.
Ebbene, l’ultimo studio pubblicato dalla Pennsylvania State University, USA, ci spiega il motivo. Anzitutto dobbiamo dire che il getto polare è un “fiume” d’aria – se preferite venti – particolarmente intenso che scorre nei piani atmosferici più alti. Lo si può osservare a 500 hPa (pari a circa 5,5 km di altitudine) e/o 300 hPa (pari a circa 9 km) e può essere facilmente individuato dai campi di altezza di geopotenziale dove le isolinee sono più vicine tra loro. Quando la direzione è prevalentemente orizzontale si parla di circolazione zonale mentre se la disposizione è verticale (o inclinata) si parla di scambi meridiani.
I ricercatori hanno analizzato una combinazione di modelli climatici globali (circa 50) che fanno parte del progetto CMIP5. Questi modelli sono eseguiti utilizzando scenari specifici e producono dati simulati che possono essere valutati tramite altri modelli. Anche se i modelli sono utili per l’esame dei pattern climatici su larga scala, l’evoluzione nel tempo non permette una descrizione accurata degli eventi meteorologici estremi. È qui che le osservazioni reali sono critiche.
I ricercatori hanno esaminato serie storiche atmosferiche per documentare le condizioni in cui si formano e persistono particolari condizioni meteorologiche. Queste condizioni si verificano quando la corrente a getto rallenta, formando picchi e valli. “La maggior parte dei disturbi stazionari del getto si dissiperà nel tempo” ha dichiarato il professor Mann, uno degli autori della ricerca . “In determinate circostanze l’ampiezza delle onde che si vanno a creare può determinare delle situazioni di blocco. Se il blocco persiste per settimane in una regione, ecco che si hanno le condizioni meteorologiche estreme” ha dichiarato Stefan Rahmstorf, dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (PIK).
“Il riscaldamento della regione artica ha avuto certamente un ruolo determinante nel modificare il getto polare”, ha dichiarato Mann . “Il gradiente di temperatura che si sta creando tra il Polo Nord e le altre zone del pianeta incide sull’ondulazione del getto e quindi sulle potenziali situazioni di blocco”. Per concludere pare che le simulazioni abbiamo dimostrato che l’aumento dei gas serra siano responsabili del cambiamento in atto.