Una figura depressionaria a carattere freddo giganteggia su parte dell’Italia, generata dall’affondo della saccatura artica verificatosi nel corso del week-end. L’aria d’estrazione artica è ancora in parte risucchiata dal Centro Europa e dalle latitudini baltico-scandinave, ma le correnti più miti atlantiche hanno ripreso a scorrere sul Regno Unito e si apprestano pertanto a bloccare il fiume d’aria fredda da nord. Più a sud, c’è l’alta pressione che protegge la Penisola Iberica e preme per espandersi verso levante, ma in realtà ci vorrà qualche giorno più del dovuto prima che anche l’Italia benefici direttamente degli effetti dell’incremento della pressione.
La presenza del regime ciclonico, condito da aria fredda in quota, ha determinato effetti molto variegati sull’Italia: Nord Italia ai margini per la protezione dell’Arco Alpino rispetto al flusso settentrionale, che ha così goduto di ampie zone di sereno seppure con le temperature scese nettamente: la percezione del freddo è stata acuita dall’assenza degli effetti favonici e così anche i valori massimi sono spesso rimasti quasi ovunque ad una sola cifra. Sulle creste alpine le nevicate sono cessate, anche se è un miglioramento del tutto temporaneo.
Sulle restanti regioni (specie versanti adriatici, settori meridionali ed insulari) italiani è stata una giornata vivacemente instabile dal sapore pienamente invernale, con temporali più attivi sul Basso Tirreno, che hanno sconfinato verso Campania e Calabria. Rovesci di neve si sono avuti a bassissima quota su parte delle zone interne fra Romagna e Marche, ma a quote collinari su altre zone della dorsale ed in Sardegna (dove dal pomeriggio sono ripresi più frequenti i rovesci nevosi anche a quote basse. Neve attorno agli 800-900 metri sui rilievi più meridionali, dove l’aria fredda non è ancora dilagata completamente.