Nell’ultimo ventennio, tra il 1991 e il 2010, sono stati presi in considerazione i disastri climatici per vedere quali zone del Pianeta hanno dovuto fare i conti con le peggiori devastazioni. Di tutto ciò si è occupata un’organizzazione non governativa tedesca (Germanwatch), che ha così determinato l’indice globale di rischio climatico, dal quale emerge la graduatoria dei paesi più colpiti dai cataclismi naturali. In generale chi ha presentato il conto più pesante, dal punto di vista delle vite umane distrutte, sono stati paesi quali il Bangladesh, il Myanmar e l’Honduras.
Nessuno può considerarsi al sicuro: questo è quel che emerge in modo sempre più evidente con l’estremizzazione del clima degli ultimi decenni. In sostanza una catastrofe climatica può capitare ovunque, con conseguenze devastanti, anche nelle nazioni sviluppate e maggiormente attrezzate per proteggersi dalle ritorsioni del pianeta alle emissioni di gas a effetto serra. E così, considerando il solo 2010, emerge prepotentemente la Russia, salita al quarto posto nella classifica compilata da Germanwatch, dopo le 56.165 vittime dirette del’afa da record che aveva avvolto per una buona fetta del’estate gran parte della nazione, con incendi devastanti.
Sempre con riferimento allo scorso anno (2010), nei poco ambiti posti del podio si sono classificati il Pakistan, il Guatemala e la Colombia. Ma in settima e ottava posizione ci sono state anche due new entry del Vecchio Continente, la Polonia ed il Portogallo. Negli ultimi dieci anni ben 710 mila persone (l’equivalente della popolazione di una città delle dimensioni di Amsterdam) sono state sterminate dalle 14 mila catastrofi naturali che hanno flagellato il mondo. Non tutte sono direttamente imputabili ai cambiamenti climatici ma di sicuro almeno la metà della vittime sono state indirettamente provocate dal riscaldamento generato dalle attività umane e all’origine, fra l’altro, di carestie, siccità ed epidemie. Si tratta di numeri impressionanti, il doppio di quelli del decennio precedente.
Questo bilancio così tragico è stato presentato a Durban dove è in corso la Conferenza sul Clima, da molti considerata ormai come l’ultima chiamata per tentare di porre rimedi urgenti per rallentare gli effetti nefasti del riscaldamento climatico. Secondo il WMO, i danni sarebbero irreversibili per l’intero ecosistema, la vera emergenza diventerà sempre più la sicurezza alimentare per molti paesi del mondo. Come già sottolineato, nessuno è al riparo anche se con le dovute differenze che stanno proprio alla base del’indice globale di rischio climatico: la calura estrema del 2003 in Europa e del 2010 in Russia possono essere ancora considerate come un’eccezione, mentre le inondazioni in Bangladesh sono una quasi normale routine.