Lo scioglimento del manto nevoso dei ghiacciai del Kilimangiaro, il monte più alto (5895 metri) del Continente Africano e l’unico con ghiacci perenni, sarebbe in parte spiegabile con il fenomeno della deforestazione, la quale avrebbe favorito un generale cambiamento del microclima. La montagna africana è stata una fra gli esempi più spesso citati dagli ambientalisti negli ultimi anni per rendere palesi, qualche volta un po’ a sproposito, o in maniera troppo superficiale, le conseguenze dei cambiamenti climatici dovuti all’attività antropica.
Molto famosa, ma altrettanto discutibile è stata la scena del documentario “Una scomoda verità” del premio Nobel per la Pace Al Gore: l’ex Vicepresidente degli Stati Uniti, sulla cima della montagna, aveva imputato la rapida perdita dei ghiacciai proprio al cambiamento climatico ad opera dell’uomo. Non mancarono diverse critiche, in quanto si trattava di illazioni basate su ipotesi scientifiche che andavano accuratamente verificate.
Ora ci vengono in soccorso i dati di una ricerca scientifica dell’Università di Portsmouth (Inghilterra) che, dopo 4 anni di studi (dal 2004 al 2008) basati su misurazioni ed i successivi 2 anni di revisione, hanno messo in luce le cause più specifiche che potrebbero stare dietro alla diminuzione dei ghiacciai: dal 1912 i ghiacciai sulla vetta della montagna sono calati del 15%.
Fra i fattori di questa diminuzione dei ghiacci, sono emerse alcune sorprese: il riscaldamento che si sta registrando a livello globale non sembra infatti essere la causa primaria. Le analisi svolte dal team di studiosi hanno infatti dimostrato come il disboscamento sempre più pesante alle falde del Kilimangiaro sia la causa dei grandi scombussolamenti climatici anche ad alta quota. In che modo? Molto semplice, in quanto è noto che il riscaldamento diurno genera un flusso d’aria calda ed umida che risale il pendio della montagna.
Gli alberi rivestono un ruolo importante in questo fenomeno, in quanto sono in grado di fornire maggior vapore acqueo, che viene rilasciato nell’atmosfera attraverso la traspirazione. I risultati della ricerca suggeriscono come proprio il disboscamento alle pendici del monte abbia ridotto negli ultimi decenni l’apporto d’aria umida, contribuendo ad una complessiva riduzione delle precipitazioni nevose, le uniche in grado di rimpinguare le riserve di ghiaccio e riflettere le radiazioni luminose. Una volta ridotta questa fonte preziosa d’umidità, ecco motivata la crisi del Kilimangiaro: questo fattore, insieme agli altri coefficienti legati ai cambiamenti climatici, comporta peraltro la presenza in alta quota d’aria sempre più rarefatta che sfavorisce i fenomeni nevosi.
Le anticipazioni di questa ricerca dell’Università di Portsmouth si basano su un paper pubblicato sul giornale Global and Planetary Change.