Analizziamo le tappe che conducono alla formazione delle nubi.
Il vapore liberato dalle acque degli oceani, mari, fiumi, laghi, fino alla semplice e piccola pozzanghera, viene sollevato dalle correnti ascendenti (i concetti riportati in grassetto verranno ripresi nei prossimi articoli); nella fase di ascesa la massa d’aria si raffredda (*espansione adiabatica*=1°C circa/100 metri) fino a giungere alla saturazione. Da questo momento il vapore in eccesso condensa dando luogo alla formazione di minutissime goccioline, che però, tendono ad evaporare, nel giro di pochi istanti, se non trovano un nucleo dove poter aggregarsi per dar vita a gocce via via di dimensioni maggiori. Ebbene, il sale marino, i solfati, i nitrati, presenti nell’atmosfera, fungono da “nuclei di condensazione”.
Le gocce condensate rimangono sospese nell’aria, fin quando, il loro peso (massa x accelerazione gravitazione) che aumenta gradualmente ovviamente in modo direttamente proporzionale all’accrescimento della gocce, vince la spinta ascensionale delle stesse. Da questo momento, le gocce (tecnicamente denominate “raindrop”) fuoriescono dalla base della nube e precipitano verso il basso, fino a raggiungere il suolo, sottoforma di pioggia o neve, se l’umidità è sufficientemente elavata da ridurre al minimo i processi di evaporazione.
Allora, vi chiederete: quando si verificano tali processi che favoriscono la formazione delle nubi e dunque, delle precipitazioni? Nubi stratiformi, temporali estivi, nebbia, da cosa dipende la tipologia? Cerchiamo di schemattizzare i vari casi.
– ATTIVITA’ CUMULIFORME: ha sede predominante nelle rilievi e nelle zone brulle ed assolate in estate e sui bacini marini in inverno. Cosa accade? A contatto con una superficie calda, ovviamente l’aria si riscalda anch’essa. Riscaldandosi, per la legge generale dei gas (PV=nrT), aumenta il volume e dunque si dilata, diventa più leggera e s’innalza; più l’aria sale verso l’alto, come abbiamo visto in precedenza, più si raffredda per espansione(aumenta il volume diminuisce l’energia termica interna), dando luogo a nubi cumuliformi, dal tipico sviluppo verticale, in quanto l’aria fredda in quota, più densa e pesante, si riversa verso il basso, e nel contempo l’aria calda continua la sua fase di ascesa.
Dunque, l’aria che sovrasta una determinata area, in coincidenza di un’avvezione fredda, è costretta dall’aria più fredda che vi si incunea sotto, ad alzarsi violentemente. Risultato? Temporali. Per intenderci, è quanto accade sul Mediterraneo in concomitanza con un’intensa avvezione fredda in quota.
– NUBI OROGRAFICHE: quando il vento investe una catena montuosa, costringe l’aria a risalire il pendio e quindi raffreddarsi. Quando la temperatura scende al disotto del punto di condensazione(*dew point*), hanno origine le nubi orografiche. Tale fenomeno prende il nome di stau, e può dar luogo anche a precipitazioni rilevanti e persistenti, sul versante sopravvento della montagna.
– NUBI STRATIFICATE l’aria calda spostandosi per scorrimento su un piano inclinato costituito da aria più fredda, subisce con la quota un generale raffreddamento, tanto che la temperatura dell’aria scende sotto il suo punto di condensazione dà luogo a nubi alte e sottili. L’evidente colore biancastro di tale copertura nuvolosa è conferito dai cristalli di ghiaccio che si formano a quote così elevate (oltre i 5000 metri). Esempio eclatante? Le perturbazioni africane.
– NEBBIA: nelle notti serene, nel suolo il calore si disperde rapidamente per irraggiamento (il calore fornito dal sole si disperde nello spazio). A contatto con il suolo freddo, l’aria, specie quando è sufficientemente umida, può raffreddarsi al disotto del punto di rugiada e dare origine a nubi basse o nebbie.