Volendo essere più radicali, potremmo asserire che l’osservazione nella sua misura empirica pura, probabilmente non esiste; perlomeno se riferita ai primi tentativi conoscitivi di un sistema molto improbabile. Dobbiamo considerare, innanzitutto, non appena iniziamo a conoscere le componenti fisiche, relative ad un sistema naturale, all’interno del “mare magnum”, di tali evidenze che il creato atmosferico ci mette a disposizione; le uniche cui dedicare la nostra attenzione sono quelle che si ritengono importanti per la comprensione del sistema in esame (solo queste divengo a pieno titolo osservazioni). In questa stessa ottica rientrano le osservazioni che si conducono non per propria indole osservativa (per esempio le osservazione tramite misure strumentali), ma sono giudicate dalle esigenze di accrescere la propria prospezione teorica e quindi selezionate all’interno di un ben caratterizzato schema esplicativo. Infine, le cosiddette “osservazioni indirette”, che convergono della “proxy evolutiva”, si basano in maniera fondamentale sulla conoscenza basilare di alcuni degli innumerevoli fenomeni fisici.
Tutto quanto lega in maniera strettamente e correlata le osservazioni tramite il sistema in esame. Quindi lo schema interpretativo del “funzionamento” non può essere disgiunto da esse. Da qui possiamo partire, preambolo di non facilissima comprensione, verso l’esame dello schema teorico attuale e riferibile ai fenomeni meteorologici e climatici.
In primis, tuttavia, sarà necessario domandarsi in cosa consiste questa nostra capacità di “comprendere” un determinato sistema . Come va letto il “grande libro della natura?”
Probabilmente , l’evoluzione naturale prima e quella culturale poi hanno selezionato un metodo “economico” per rendere, in chiave sintetica, in un quadro squisitamente interpretativo, tutte le informazioni di cui abbiamo cognizione circa un dato sistema.
In effetti pare che le cose siano andate in questi termini. Evitando accuratamente di “penetrare” nel campo degli studi dell’apprendimento e dell’umano ragionamento (che possiamo derogare tranquillamente agli studiosi delle scienze cognitive), possiamo più semplicemente limitarci ad una breve analisi di come uno scienziato riesca ad interpretare e, soprattutto, a sintetizzare i dati osservati, quindi filtrati ed analizzati, relativi al settore di cui si occupa.
Come già evidenziato da molti scrittori, oggi la nostra idea scientifica (immagine) della natura è basata su funzioni computabili e, di fatto, l’intelligibilità del “mondo” è dovuta alla incidenza, possibilità, di renderlo algoritmicamente comprensibile.
Che significato ha tutto ciò?
Da una parte esso attesta che, come già sottolineato in maniera incisiva da Galileo, per decifrare il grande libro della natura, la scienza usa un linguaggio matematico: in particolare vengono citate le funzioni di calcolo computabili, in cui una variabile dipende sempre da altra variabile (ed accidentalmente dal tempo), dalle quali il suo valore di partenza può essere calcolato, analiticamente o tramite metodi numerici al processore.
Dall’altro lato, viene a legarsi, in maniera molto stretta, la complessità del mondo fisico all’ipotesi che, tramite la matematica, si possano rappresentare in maniera assolutamente sintetica ed economica le relazioni che intercorrono tra le diverse variabili in esso presenti. In tale maniera, se possediamo evidenze osservative relative ad una “coppia di variabili” in un determinato sistema, sistema ordinato, una volta ricondotte ad una legge fisica generale che le leghi matematicamente, possediamo un modo sintetico ed “economico”, quindi non eccessivamente strutturato, onde descriverne la relazione ed il legame.
Quindi ciò dovrebbe consentirci di “prevedere” il valore di una di esse (variabili) a partire dal valore dell’altra in gioco: anche da valori che non si palesano o non sono presenti nel sistema.
Ciò che è stato, in maniera rudimentale citato, è un chiaro esempio di comprensibilità algoritmica.
Pertanto la teoria di un qualsiasi processo o fenomeno fisico (tramite soluzioni – equazioni – diagnostiche evolutive) fornisce proprio questa comprensione, piena, algoritmica.
Al contrario in un sistema “algoritmicamente” non comprensibile i fenomeni appaiono casuali e le relative proprietà possono essere descritte solo da una lunga lista di sequenze circa i fenomeni osservati.
Tuttavia va rimarcato come nel concetto estremo di casualità sia sempre basilare cercare ed osservare leggi fisiche appartenenti ad un sistema in evoluzione nel tempo, tanto da risultare il punto “focale” di ogni osservazione scientifica di qualsiasi fenomeno o processo.
Tuttavia, in questo contesto, va citata l’esistenza di leggi di bilanciamento (dette anche di coesistenza); quando più di due variabili sono presenti in una procedura matematica che riconduce i loro valori incisivi allo stesso segmento temporale.
Potremmo anche procedere oltre l’analisi (legge di Boyle) che ci porterebbe ad un complessissima interpretazione circa il concetto di determinismo. Per il momento credo sia necessario riflettere su questo e soffermarci, eventualmente, su un’altra “propensione epistemologica”, inerente gli scienziati nel loro sforzo “edotto” rivolto allo studio del mondo fisico. Propensione da cui non sono esenti gli studiosi della scienza del tempo e del clima.