Una situazione che raramente abbiamo visto durante il passato inverno e in qualche modo sembra mostrarsi, secondo il modello delle ECMWF, molto “caratterizzata” nel medio/lungo termine. In sole 144 h., periodo previsionale decente e non eccessivamente “imprevedibile”, la possente “campana” anticiclonica che ci ha condizionatati pesantemente in quest’ultimo scorcio d’inverno, viene a “disintegrarsi” a causa dalla ripresa di attività, sia della depressione d’ Islanda, sia del vortice canadese. Già in precedenti occasioni , nel commentare le correnti a 200/300 hpa (JS), si notava un maggiore influenza di tali depressioni, molto alte nel comparto europeo e canadese e che avrebbero iniziato la loro azione di trascinamento nei confronti dei sub strati atmosferici. Non più “acute oscillazioni”, ma ondulazioni molto meno marcate.
L’anticiclone oceanico, quindi, si arrende ed inizia a subire una sorta di schiacciamento, decremento dei GPT a latitudini molto settentrionali, che lo pone non più come “muro invalicabile”, ma come figura assolutamente ridotta “ai minimi termini”.
Nasce, pertanto, un veloce getto zonale che dall’Atlantico nord americano si spinge ben oltre il bacino orientale del Mediterraneo. Mutamento di circa 90° a sud in riguardo alla media precedente delle correnti nord atlantiche o artiche.
Ovviamente questa configurazione porterebbe con sé una graduale situazione “invasiva” che produrrebbe un progressivo aumento dei valori termici in particolare riguardo ed in congiunzione con il maggior irraggiamento solare (regioni di ponente tutte e nord ovest italico in primis).
Non credo, in assoluto, che tale situazione prospettata dal succitato modello, possa procedere ad oltranza. Configurazioni del genere, oltre il limite temporale sopra descritto, portano solitamente a formazioni di aree anticiclone tra il Mediterraneo e l’Europa centrale. Circolazioni orarie che produrrebbero una fase più netta di movimenti dall’alto in basso della colonna d’aria sovrastante, con maggior effetto di compressione e riscaldamento della stessa nei medio e bassi strati.
Riamarrebbe, tuttavia, una certa “spina nel fianco” su tale ed ipotizzabile ultima configurazione barica citata.
Siamo nel periodo in cui gli interscambi termici cominciano a farsi sempre più evidenti e le incognite sono sempre rappresentate da “veloci” e nuove incursioni di aria fredda. Su questa teorica fase, attualmente non supportata da nessun modello, avremo modo di ritornarci in un prossimo futuro.