Per più di 60 anni, ormai, i cieli sono solcati da particolari strumentazioni elettroniche chiamate radiosonde. La radiosonda è un piccolo pacchetto sospeso sotto un pallone di circa 2 metri di diametro riempito d’idrogeno e elio. Durante la salita della radiosonda in cielo, ad una velocità di circa 300 metri al minuto, i sensori a bordo misurano il profilo di pressione, temperatura e l’umidità relativa.
Questi sensori sono collegati ad un trasmettitore a batteria della potenza di circa 300 mW che invia le misurazioni ad un ricevitore a terra, sintonizzato su una banda di frequenza da 1668.4 a 1700.0 MHz.
Tracciando la posizione della radiosonda in volo, si possono ottenere anche informazioni riguardo alla velocità del vento e alla sua direzione trasversale. Questo tipo d’osservazioni si chiamano, in lingua inglese “rawinsonde”.
Il volo della radiosonda può durare anche più di due ore, e durante questo tempo la radiosonda può salire anche ad oltre 35Km di quota e traslare di più di 200Km dal punto di rilascio. Durante il volo la radiosonda è esposta a temperature anche di -90°C ad una pressione di alcune migliaia di volte inferiore a quella atmosferica. Il pallone si espande progressivamente e raggiunto il suo limite elastico esplode, rilasciando un piccolo paracadute, in maniera da limitare i pericoli della caduta a persone e cose.
Mediamente sono ritrovate solo il 20% delle radiosonde rilasciate, che poi possono essere riportate ai rispettivi enti proprietari per il ricondizionamento e le eventuali riparazioni.
Il volo è considerato accettabile solo se raggiunge i 400hPa. Se ciò non avviene, o se mancano più di sei minuti di tracciato radio, il volo viene considerato fallito ed è lanciata una nuova sonda.
In tutto il mondo vi sono più di 900 stazioni per le osservazioni ad alta quota. La maggiorparte di queste sono nell’emisfero settentrionale ed eseguono le osservazioni alle stesse ore (00z e 12z, oppure 00z, 06z, 12z, 18z) 365 giorni l’anno.